Bergamo, il medico in prima linea: "A una comoda poltrona ho preferito la mischia"

Marco Bianchi, fresco di laurea e con un posto pronto in una casa farmaceutica, ha deciso di restare in trincea e prestare la sua opera all’ospedale della sua città

Il dottor Marco Bianchi

Il dottor Marco Bianchi

Bergamo, 16 gennaio 2021 - Dal 23 novembre è uno dei medici impegnati nell’ospedale di Romano di Lombardia nell’ambito dell’emergenza Covid. Fin qui niente di strano, se non fosse che il protagonista di questa storia ha 26 anni e solo pochi mesi fa si è laureato in Medicina e chirurgia a presso l’università di Brescia con una tesi, manco a dirlo, proprio sul Coronavirus. Lui è Marco Bianchi, classe 1994 da Romano di Lombardia, la città della Bassa bergamasca nel cui ospedale si ritrova a lavorare come medico per la prima volta. Poco prima di prendere servizio a Romano lavorava in una grande azienda farmaceutica in Toscana. Poi però ha deciso che in questo momento il suo posto non era quello di stare seduto dietro una scrivania. Ha dato le dimissioni, aperto una partita iva e da poco meno di tre mesi è un "medico in prima linea" dopo aver risposto ad un bando che offriva contratti libero professionali.

Dottor Bianchi, prima di tutto, perchè ha deciso di fare questa esperienza? "Nell’azienda farmaceutica mi trovano benissimo e avevo delle prospettive ma ho deciso di lasciare principalmente per una questione etica. Tra dieci anni vorrei potermi guardare allo specchio e avere le possibilità di dirmi che anche io, come medico, ho cercato di fare qualcosa nell’ambito di questa emergenza. E poi qui dove c’è la mia gente visto che sono cresciuto proprio qui nel Comune di Romano".

Che cosa l’ha colpita di più di questa pandemia?  "Due cose essenzialmente: l’imprevedibilità di questa malattia e la grande organizzazione nel reparto. Pensavo di trovare una situazione di emergenza e invece qui ci sono dei medici straordinari, che nonostante lo stress della prima ondata e i carichi di lavoro non mollano di un centimetro. E’ molto dura ma è una scelta che rifarei".

Si è imbattuto in qualche vicenda che l’ha segnata più di altre? "Martedì una signora di 92 anni è deceduta. Ho dovuto chiamare i familiari. Nonostante l’età i figli erano disperati. Ho capito che non ci sono vite che valgono di più e altre di meno".

L’insegnamento più grande ricevuto fino a ora? "Forse due. Il primo è che bisogna sempre lottare, mai abbattersi. Il secondo è che la vita vale sempre la pena di essere vissuta".

Il suo incarico all’ospedale di Romano di Lombardia durerà fino a aprile ma il suo sogno, da medico, qual è? "Fare il cardiologo. Il mio prossimo obiettivo infatti è la specializzazione in cardiologia, ma c’è tempo: comincerò a pensarci tra un po’".