Coronavirus, Bergamo come in guerra: ecco i medici militari

Zona rossa negata: ogni giorno sette pazienti intubati. Tamponi esauriti e impianti crematori al collasso, in tilt anche le pompe funebri

Emergenza coronavirus

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Bergamo, 16 marzo 2020 - «In considerazione dell’elevato numero di decessi di questi giorni e delle numerose richieste di cremazione che i forni crematori non riescono a soddisfare, la prefettura rivolge ai sindaci l’invito a sensibilizzare i parenti dei defunti a optare per le sepolture nei loculi». Se servisse – e non serve – una prova in più dell’inferno che sta vivendo la provincia di Bergamo, eccola qui. Il forno crematorio del capoluogo non riesce a star dietro alla richiesta, nella chiesa del cimitero monumentale di Bergamo ci sono almeno 40 bare accatastate dove c’erano i banchi, in attesa di una degna sepoltura dopo una fine lontana da tutti gli affetti e privata pure del funerale. Saltano tutte le consuetudini e le regole: per chi muore in ospedale la constatazione di morte si fa direttamente al camposanto. Per chi muore in casa, bisogna trovare un dottore attrezzato o coraggioso che venga e firmi. Quasi un centinaio di medici di famiglia sono stati contagiati. Chi resiste al suo posto nel suo studio, disinfetta tutto da cima a fondo dopo ogni visita. Pavimento compreso. E anche le pompe funebri sono al limite, con gli operatori che lamentano la mancanza di protezioni.

Cronache dalla provincia con più contagiati d’Italia: ieri la triste conta quotidiana fatta dall’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera parlava di 3.416 contagiati, 552 in più rispetto a sabato. E sono solo quelli a cui si è potuto fare il tampone. Perché, dramma nel dramma, i tamponi sarebbero esauriti: così si sentono rispondere i sindaci della zona. Eppure siamo a due passi da Alzano Lombardo e Nembro. Qui, peraltro, nelle ultime due settimane hanno avuto un numero di morti (70) che è più della metà di quelli che si registrano in un anno intero.

La conta di chi non ce l’ha fatta, nella Bergamasca, è ferma a due giorni fa, quasi duecento. Mentre le città e i paesi sono deserti, i cimiteri scoppiano e gli ospedali non ce la fanno più. «Intubiamo in Terapia intensiva anche più di sette persone al giorno e lavoriamo senza sosta – dice Ivano Riva, anestesista e rianimatore all’Ospedale Giovanni XXIII e vice presidente dell’Associazione degli anestesisti rianimatori ospedalieri italiani Aaroi-Emac Lombardia –. Se il trend dell’epidemia continuerà con questo ritmo, Bergamo reggerà ancora per pochissimo: gli ospedali sono saturi e anche i posti in Regione Lombardia si stanno esaurendo».

È un bollettino di guerra. Non per niente ieri in serata sono iniziati ad arrivare i venti medici militari annunciati dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini per dare supporto al Papa Giovanni XXIII. La decisione di Guerini è arrivata dopo la richiesta del premier Conte, che ieri ha sentito telefonicamente il direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Maria Beatrice Stasi. Intanto, anche l’Atalanta corre ai ripari, confermando «l’isolamento domiciliare fino al 24 marzo per giocatori e staff» dopo la positività riscontrata tra alcuni giocatori e componenti lo staff tecnico del Valencia. E una donazione di 100mila euro è arrivata dal colosso Italcementi.

Infine i sindaci, simbolo dello Stato, in trincea da giorni: chi non si ammala, fa la spola tra casa e municipio. Tengono sotto controllo la situazione, ricevono le chiamate allarmate dei concittadini. Solo da venerdì, però, hanno potuto sapere chi, nel proprio Comune, risultava tra i contagiati del bollettino serale. «Riceviamo un file criptato su una mail dedicata solo a questo – spiega il primo cittadino di Torre de’ Roveri –. Almeno adesso sappiamo come muoverci, anche se a dire il vero i dati che ci arrivano non sono nemmeno aggiornati. L’ultimo bollettino che ho ricevuto conteneva il nome di un 75enne morto mercoledì».