Carceri, sono numeri da condanna In Lombardia l’affollamento sale

Il rapporto Antigone ha aggiornato le presenze: +133%. Bergamo, Varese e S.Vittore con i tassi di dieci anni fa. Nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo sanzionò il Paese. Oggi invece tocca ai tribunali nazionali .

di Federica Pacella

Tassi di sovraffollamento che in alcuni istituti, come quello di Bergamo, Varese, Milano San Vittore, sono analoghi a quelli che si registravano al tempo della sentenza ‘Torreggiani’, che portò alla condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per le condizioni di detenzione. Il nuovo rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione relativo al 2022 evidenzia come i numeri del carcere continuano lentamente, ma inesorabilmente, a crescere, trainato dall’incremento di persone in carcere per pene detentive brevi.

In Lombardia, il tasso di sovraffollamento ufficiale medio è del 133,3% (110,6% a livello nazionale), ma se si sottraggono ai posti regolamentari quelli non disponibili il tasso reale di affollamento medio sale al 119% in Italia, al 151,8% in Lombardia (il dato più elevato). Guardando ai singoli istituti, i valori effettivi più alti si registrano a Milano San Vittore (185,4%), a Varese (179,2%) e a Bergamo (178,8%). Resta difficile il reinserimento sociale, soprattutto per la difficoltà del mercato del lavoro (meno di 1 detenuto su 3 lavora in Lombardia). Dalla sentenza Torreggiani del 2013, l’Italia ha adottato numerose riforme e ha tra l’altro introdotto nel 2014 un rimedio risarcitorio in favore delle persone detenute che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea. Non è più possibile, dunque, il ricorso alla Cedu, almeno senza prima tentare il ricorso interno, e per questo l’Italia non ha più subito condanne dalla Corte Europea per le condizioni di detenzione. Tuttavia, Antigone rivela che nel 2022 sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 7.643 istanze, di cui ne sono state decise 7.859: di queste, il 57,4%, è stato accolto. "Come si vede, l’Italia viene sistematicamente condannata, dai suoi stessi tribunali, per violazione dell’articolo 3 della Cedu". Questo non significa che le condizioni di vita nelle nostre carceri oggi siano peggiori di quelle di allora. Molte cose sono cambiate, nei numeri e nelle norme in materia di droghe, custodia cautelare, misure di sicurezza psichiatriche. Eppure resta il fatto che "a giudizio degli uffici di sorveglianza italiani la detenzione in condizioni inumane e degradanti non si verifica di rado. E la realtà è probabilmente peggiore di quello che ci dicono i numeri". Non solo i costi della giustizia sono un deterrente per chi vuole fare ricorso, ma c’è anche un grande divario nelle percentuali di accoglimento, infatti, sono molto diverse tra i distretti. Ai primi posti in Italia spicca Brescia, con l’82,3%, seconda solo a Trento (83,6%), mentre Milano è al 69%; all’ultimo posto Roma con il 26%. "Probabilmente l’unico modo per spiegare questa notevole disomogeneità è qualcosa di già noto, anche se del tutto ingiustificabile: uffici diversi ragionano, e decidono, in maniera molto diversa, anche di fronte a casi concreti molto simili tra loro".