
Yara Gambirasio e Massimo Bossetti
Bergamo, 6 novembre 2015 - E' ancora il Dna trovato sui reperti che ha poi portato all'identificazione del Dna di ignoto1 e che poi altri laboratori attribuirono a Massimo Bossetti, al centro dell'udienza di stamattina del processo a Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio. In aula, Fabiano Gentile e Nicola Staiti, capitani del Ris che hanno svolto le analisi genetiche sulle tracce genetiche rilevate sul cadavere.
"EVIDENZA INEQUIVOCABILE" - I due hanno eseguito, "spalla a spalla", le indagini sui reperti rinvenuti sul corpo e sui vestiti di Yara e che hanno portato all'identificazione del Dna di Ignoto 1, successivamente indicato come quello di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio della giovane di Brembate di Sopra. Gli ufficiali del Ris hanno ripercorso i passaggi tecnici e scientifici e i numerosi test e gli esami che hanno portato da una parte ad escludere la presenza di tracce di liquido seminale sul corpo e sui vestiti di Yara, dall'altro a stabilire con pratica certezza l'univocità del Dna maschile ritrovato sui reperti forensi. Basandosi sui risultati ottenuti da 23 marcatori, hanno spiegato i due esperti, è stato dedotto che è praticamente impossibile che esista un individuo con lo stesso Dna di quello definito "Ignoto 1". Secondo la RMP, Random Match Probability, il profilo che si ottiene dalle tracce è "rarissimo, unico" e riguarda "un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui". Sulla natura delle traccia è escluso che si tratti di saliva e liquido seminale; i due consulenti hanno detto che "non si può dire che sia sicuramente sangue, quello che si puo dire è che la traccia è positiva l test del sangue. I due capitani hanno anche escluso la possibilità di contaminazione del dna sia perchè lavorano con guanti e provette, sia perchè i laboratori sono divisi in vari ambienti, sia perché il dna degli operatori sono tipizzati.
"DATI GREZZI" - Nel controesame dei difensori di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sono tornati nuovamente all’attacco, hanno chiesto come mai "non sono stati approfonditi" gli accertamenti "sulla traccia trovata sulla manica del giubbotto di Yara", ma solo la traccia che ha portato a Ignoto 1, che tra l’altro "non era visibile a occhio nudo". I legali quindi, che già nelle scorse udienze avevano espresso i loro dubbi sulle indagini, hanno contestato i criteri di scelta delle analisi. I difensori di Massimo Bossetti hanno chiesto ai giudici della corte d’assise di Bergamo che i consulenti del Ris siano sentiti sui risultati degli accertamenti sul dna sulla scorta dei "dati grezzi", una sorta di fogli di lavoro, in base ai quali hanno eseguito il loro lavoro. Si tratta dei "dati grezzi" che attestano il procedimento mediante il quale il Ris è giunto a stabilire che il Dna trovato sui leggings e sugli slip di Yara appartiene a Ignoto 1 e, invece, quello trovato sulla manica del giubbotto indossato della ragazza apparteneva a Silvia Brena, la maestra di ginnastica ritmica della tredicenne.
CORTE: "SI' AD APPROFONDIMENTI" - I giudici si sono riuniti in camera di consiglio per decidere: la presidente della Corte d'Assise ha accolto la richiesta della difesa di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, di approfondire come sono stati svolti gli accertamenti sulle tracce del Dna limitatamente a quelle di "Ignoto 1" e non su tutte le altre tracce rinvenute sui vestiti di Yara, come richiesto dalla difesa. "La Corte ammette la richiesta della difesa limitatamente alle tracce di Ignoto 1 - ha detto la presidente Antonella Bertoja - e fa richiesta ai consulenti della difesa di formulare il quesito, in forma scritta, relativo alle tracce di Ignoto 1 sul numero delle 'amplificazioni' e sul numero di 'kit' utilizzati" Il supplemento d'esame su questi temi, ha spiegato la Corte, "viene riconosciuto per assicurare a tutti noi, e in particolare alla difesa, la verifica dell'attività svolta e non delle conclusioni. La difesa avrà una settimana di tempo per formulare il quesito".
LEGALI BOSSETTI: "SCELTA IMPORTANTE DALLA CORTE" - "Il fatto che la Corte abbia disposto un accertamento suppletivo, che non è così consueto come potrebbe sembrare, significa che c'è ancora una zona d'ombra da chiarire. Questo è il risultato dell'udienza di oggi". E' il commento di Paolo Camporini, uno degli avvocati del collegio di Difesa di Massimo Bossetti, accusato dell'assassinio di Yara Gambirasio, al termine dell'udienza odierna in cui la Corte ha accolto la richiesta della difesa di un approfondimento sulle modalità con cui sono stati fatti gli esami del Dna sulle tracce di "Ignoto 1". "Ringraziamo la Corte che oggi ha accolto una nostra richiesta importante - ha aggiunto l'altro avvocato della difesa Claudio Salvagni - nella direzione di fare luce, finalmente, ed eliminare le zone d'ombra. Siamo soddisfatti di questo risultato".
PRESIDENTE CORTE RICHIAMA IL PUBBLICO - "Il pubblico eviti, prima ancora di aver capito, certe uscite che possono, in qualche misura, turbare la serenità del dibattimento e anche del testimone". Il presidente della Corte d'assise di Bergamo Antonella Bertoja, si è rivolta con questa parole al pubblico presente all'udienza odierna del processo a Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio. L'altolà del presidente è giunto dopo un commento di un giornalista che ha esclamato: "Non è possibile" dopo la risposta di un ufficiale dei Ris che ha parlato delle difficoltà di reperimento dei "dati grezzi" riguardanti gli esami del Dna all'interno del sistema informatico, per poi precisare che erano stati comunque forniti tutti in un singolo cd. Poco prima dell'intervento della Bertoja, era stata il pm Letizia Ruggeri a rivolgersi verso il pubblico: "La prossima volta chiamo i carabinieri per l'identificazione". L'episodio è avvenuto durante il controesame degli ufficiali del Ris condotto dagli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini.
IL GIALLO DEL VIDEO - Sono rimaste fuori dall'aula del processo a Massimo Bossetti, ma sono comunque state oggetto di discussione, le polemiche, che hanno trovato spazio su organi di stampa nei giorni scorsi, riguardo una presunta manipolazione del video, che il comandante del Ris di Parma aveva spiegato essere stato dato alla stampa, con i frame che ritraggono passaggi del furgone di Massimo Bossetti intorno alla palestra di Yara Gambirasio, da dove la ragazza scomparve. «Tarocco lo si usa per le arance - ha osservato l'avvocato di parte civile della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo -: qui si tratta di un insieme di frame che sono tutti contenuti agli atti dell'inchiesta nei filmati delle telecamere che coprono un orario dalle 16 alle 22». Per uno degli avvocati di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, quel video, invece, è «un tarocco di Stato». Il video era stato mostrato dalla difesa nella scorsa udienza e il comandante del Ris aveva spiegato che non faceva parte della sua relazione ma rappresentava una sintesi che era stata fornita alla stampa. L'avvocato Pelillo ha spiegato che «tutti quei fotogrammi, nella loro completezza, sono agli atti dell'inchiesta».
ha collaborato Gabriele Moroni