Una lunga giornata iniziata presto. Lui, il fidanzato, è seduto nella seconda auto, quella rossa. Lasciano velocemente il Comando di via delle Valli. Destinazione: Terno d’Isola, via Merelli. Dopo l’accesso di giovedì, durato poco più di una manciata di minuti, Sergio Ruocco, 37 anni, idraulico, è tornato di nuovo per un altro sopralluogo – il secondo di fila, in due giorni – nella villetta dove viveva con Sharon. Ad accompagnarlo sempre gli uomini del Nucleo investigativo. Le auto entrano nel garage. Ruocco indossa la tuta bianca della Scientifica per evitare di contaminare l’abitazione ancora sotto sequestro. Con lui cinque carabinieri. Entrano in casa, si fermano nel soggiorno. Questa volta l’accertamento dura di più: dalle 12.06 alle 12.21. Quando gli investigatori se ne vanno portano con loro un pc e un cellulare.
Ruocco non è indagato, e da quanto risulta ha partecipato ad attività che richiedevano la sua presenza. E non è stato nemmeno sentito dopo, quando è rientrato in via delle Valli, dove è rimasto fino alle 14.50. Solo nel tardo pomeriggio (alle 17.29) a bordo della sua Scirocco ha raggiunto la villetta dei Verzeni, a Bottanuco. Braccato dai cronisti, un po’ seccato, ha confermato di non essere stato sentito. "Perché continuano a chiamarmi? Meglio. Se sono stanco? No, non sono mai stanco". Ma cos’hanno prelevato ancora dalla casa? "Altri dispositivi. Cellulari, computer, altre cose. Anche ieri (giovedì, ndr)". Poi aggiunge: "Sharon non aveva più di un telefono, ma io sì, ne avevo più di uno. Lei non aveva un pc".
Prima di Sergio Ruocco alla caserma era arrivato l’avvocato Scudieri, di Milano, che assiste i genitori di Sharon. Più tardi è spuntato anche Bruno Verzeni. "La famiglia di Sharon non risparmierà la proprie energie sino a quando non sarà individuato l’autore del barbaro assassinio", scrive il legale in una nota, ringraziando gli inquirenti per "gli sforzi messi in campo per giungere il prima possibile alla verità" e spiegando il riserbo con la volontà di "tutelare l’immenso dolore e le indagini".
Gli inquirenti, coordinati dal pm Marchisio, sono chiusi nel silenzio. Non fanno trapelare nulla all’esterno. Ma considerato che oltre a papà Verzeni, in caserma a un certo punto sono arrivati la titolare della pasticceria Vanilla di Brembate, dove lavorava la 33enne, e alcuni residenti di Terno d’Isola, questo fa pensare che gli inquirenti stiano continuando a scavare nella vita della ragazza attraverso i racconti e le confidenze di chi la frequentava, chi la conosceva, per trovare qualche spunto utile alle indagini per risolvere il giallo. Un giallo a cui sfugge anche il movente.
È la notte tra il 29 e il 30 luglio quando Sharon decide di uscire di casa per una camminata tra le vie del paese. Ha le cuffiette attaccate al cellulare: forse ascolta della musica. Il compagno è a letto. Tutto confermato dalle telecamere dei vicini che hanno ripreso solo lei. Si incammina, supera il centro sportivo, raggiunge via Castegnate. Viene aggredita, l’assassino allunga il coltello con lama affilata quattro volte: tre alla schiena e una al torace. Poi scappa. Sharon barcolla, attraversa la strada, si appoggia a una cancellata, afferra il cellulare e chiama il 118. La telefonata è delle 00.52. Sharon sanguinante riesce a dire: "Mi ha accoltellato". Frase ben diversa da quella trapelata inizialmente: "Mi hanno accoltellato". Conosceva dunque il suo assassino? Potrebbe aprirsi uno scenario diverso. Tutto inizia da qui: punto e a capo.