
Le bare trasportate dai camion dell'Esercito
Bergamo - Ci sono immagini che ci terranno compagnia per sempre. Sono un monito affinché una enorme tragedia non si ripeta di nuovo. Come non pensare a quella lugubre sfilata di camion dell’esercito mentre trasportavano da Bergamo ai forni crematori di altre regioni le bare dei morti del Covid-19? Un video sfocato, catturato con il telefonino, fotogrammi che hanno fatto il giro del mondo. Il momento era davvero drammatico, bisognava coordinare la gestione dei feretri, perché le stesse imprese funebri erano in difficoltà. Troppi morti, quanti questo territorio non ne aveva mai visti.Cimiteri pieni, chieste che dovevano ospitare cadaveri. E così molti sindaci decisero di rivolgersi all’Arma. Un dato: i carabinieri hanno gestito il trasporto fuori città e il rientro di 990 vittime del virus.
Quella sera in cui sfilavano i camion dell’esercito era il 18 marzo, una data che resterà per sempre, anche senza la legge che lo conferma, e che non si può confondere con altre. Indelebile nella memoria e nei cuori dei bergamaschi, dei lombardi. È la giornata mondiale in memoria delle vittime di questo maledetto virus che ancora oggi uccide, nelle stesse valli, nelle stesse città. Oggi a Bergamo, una delle città che hanno pagato il prezzo prezzo più alto alla prima ondata, con oltre seimila vittime, ci sarà il presidente del Consiglio, Mario Draghi. È la prima uscita del premier e la visita avviene in contemporanea con una nuova stretta nel contenimento, un nuovo lockdown che ci accompagnerà fino a Pasquetta. Draghi ha scelto Bergamo come città simbolo. Sarà al bosco della Memoria, al parco della Trucca, dove pianterà un tiglio per ricordare chi non c’è più. Ma la memoria ci porta alla mente quei terribili momenti: ospedali in apnea, medici e infermieri in affanno ma che non hanno mai mollato.
L’allestimento dell’ospedale alla fiera, la caccia quasi disperata alle bombole di ossigeno, gli hotel trasformati in strutture per l’isolamento dei malati. I tanti gesti di solidarietà. E ancora, la mancata applicazione della zona rossa nei paesi della media Valle Seriana: Alzano Lombardo, Nembro, Albino. Il malcontento crescente tra i parenti delle vittime del Covid che si è materializzato con il sit-in davanti alla procura da parte del comitato “Noi denunceremo“ nato su Facebook. E la pressante, angosciosa richiesta di verità e giustizia per la quale sono stati depositati oltre 800 esposti. La procura di Bergamo ha avviato una poderosa inchiesta per epidemia colposa per far luce sul piano pandemico datato 2006 e mai aggiornato (nonostante l’Oms nel 2018 avesse invitato tutti i paesi ad farlo) sulla chiusura e la riapertura del Pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo. Inchiesta che ha portato a Roma per tre volte i magistrati per sentire l’allora premier Conte, il ministro della Salute Speranza (e quelli che lo hanno preceduto nell’incarico, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo) quello dell’Interno, Lamorgese, e i consulenti del Cts. Inchiesta partita dalla gestione dell’ospedale di Alzano arrivata in Regione e a Roma. Con una domanda su tutte: l’Italia era preparata? E dopo l’alert dell’Organizzazione mondiale della sanità del 5 gennaio 2020, era scattata una macchina istituzionale, politica e amministrativa per fronteggiare la situazione?