Università, fisica e matematica lanciano Pavia: «Pochi soldi ma siamo i più bravi»

L'ateneo pavese entra nella classifica stilata dal Center for World-class universities di Shanghai. Il direttore del dipartimento di fisica: «Le competenze sopperiscono ai tagli. Qui hanno insegnato premi Nobel come Golgi, Natta e Rubbia, evidentemente hanno avuto dei bravi allievi» di Manuela Marziani

L'università di Pavia ha ricevuto una buona valutazione da Shanghai

L'università di Pavia ha ricevuto una buona valutazione da Shanghai

Pavia, 20 agosto 2014 - Si investe poco in ricerca, si tagliano i fondi statali, ma le università italiane rientrano nell’Olimpo delle migliori del mondo. Non sono ai vertici, ma nelle prime 500 posizioni ci sono 21 atenei del nostro Paese, al pari di Francia e Canada. «Siamo al quinto posto - spiega Michele Livan, direttore del dipartimento di Fisica dell’Università di Pavia - quindi le università italiane non sono poi così male rispetto alla classifica del Center for world-class universities della Shanghai Jiao Tong University».

E Pavia come si colloca in questa classifica? «Intorno al 400esimo posto, ma teniamo conto che la classifica vera si ferma al 150esimo. Da quella posizione in poi gli atenei vengono collocati in ordine alfabetico. Essere presenti, comunque, credo sia già un buon risultato. Nel 2012 non venivamo menzionati, l’anno scorso e adesso sì».

I dipartimenti di Matematica e Fisica, però, hanno avuto risultati migliori. Fisica è tra le prime 200 al mondo e Matematica tra le prime 150. «Il dipartimento di Matematica è tra i migliori d’Italia mentre per quanto riguarda la fisica abbiamo una grande tradizione. A Pavia hanno insegnato premi Nobel come Golgi, Natta e Rubbia che evidentemente hanno avuto dei bravi allievi».

Anche Medicina a Pavia ha un’ottima storia, eppure non compare. «Medicina è enorme. Magari si è collocata al 201esimo posto e non lo sappiamo. Comunque questo non significa che la facoltà non sia buona. Abbiamo ottimi insegnanti nel dipartimento».

È vero che Shanghai non chiede dati agli atenei per stilare la classifica? «Da quest’anno li ha chiesti e li abbiamo forniti. Prima non lo faceva. Effettuava una valutazione sul numero di docenti stranieri, di studenti stranieri e di pubblicazioni. Criteri che favoriscono gli atenei anglosassoni».

Che peso hanno le classifiche nelle scelte degli studenti? «Gli studenti stranieri le guardano, quindi esserci è un bene. E credo che l’Italia si sia comportata bene quest’anno perché su 68 atenei ne ha 21 in classifica».

Allora è vero che tagliando i fondi si lavora meglio? «No, è che forse siamo bravi. D’altra parte la metà di coloro che lavorano al Cern di Ginevra sono italiani pagati da atenei italiani. Pur avendo ricevuto meno finanziamenti per la ricerca abbiamo prodotto di più. Chissà quali risultati avremmo potuto raggiungere, se avessimo avuto i fondi».

Invece in Italia i fondi scarseggiano. «Eppure la strada per uscire dalla crisi è investire in ricerca pura. Invece le nostre aziende non puntano più in ricerca e sviluppo mentre la politica pretende risultati immediati, che sono impossibili da ottenere».

manuela.marziani@ilgiorno.net