In viaggio con i volontari della Cri, ecco il popolo silenzioso della strada

Il tour del mercoledì fra la stazione, piazza Cambiaghi e la periferia

Una notte con i volontari della Cri

Una notte con i volontari della Cri

Monza, 11 febbraio 2017 - «È stata una serata tranquilla. Col freddo, cercano rifugio e se ne incontrano pochi in strada. Ma sono tanti, più di quanti si creda». È da poco passata la mezzanotte quando l’ambulanza torna al deposito della Croce Rossa di via Pacinotti: è quella della squadra di Mirella, l’infermiera che quasi 4 anni fa ha avviato anche a Monza l’Unità di strada della Cri, quella che ogni mercoledì notte gira la città per fornire cure e supporto professionale a chi ne ha bisogno. A chi si incontra la prima volta come è stato mercoledì scorso con Ymalia, ragazzina cingalese di 13 anni trovata sola a vagare per la stazione alle 10 di sera, o di solito con chi già si conosce da tempo, i tanti senzatetto che vivono negli angoli di Monza.

Come Elio, ex giocatore di calcio quasi 50enne, sportivo finché ha potuto, poi lavoretti, il licenziamento, difficoltà familiari e, senza sapere bene come, da 2 anni dorme sui treni tra Monza e Lecco: «Quando le cose iniziano ad andare male, vanno sempre peggio», diceva mercoledì fuori dalla stazione mentre ricordava ai volontari della Cri che gli è stata rubata la carta d’identità: «Ho la denuncia, ma non basta. Non c’è assistenza». Nell’atrio della stazione c’è il vecchio di 74 anni che parla solo romeno, con una bottiglia di Coca Cola e una di Maraschino su una panca. Tutti lo chiamo Johann perché quando glielo si chiede lui ride dicendo «Sì, sì, Johann, Johann». Non dice altro di comprensibile a parte i sorrisi e i gesti di «tutto ok» verso i volontari. Dopo meno di mezz’ora le bottiglie sono vuote e dorme profondamente. La stazione è un via vai di persone, tanti sono i profughi e c’è un’auto davanti all’ingresso che distribuisce pane e cibo. Un sacco lo prende una ragazzina, lineamenti indiani, occhi grandi e stanchi. Addosso parka col cappuccio e pantaloni con gli strappi sulle ginocchia.

Passa l'affollamento, resta isolata, guarda il tabellone dei treni, usa il cellulare, quasi piange. Mirella l’avvicina, dice di avere 13 anni e in qualche modo spiega che deve prendere un treno e abita a Merate: non sa, o non dice, perché sia sola. Viene fatta sedere sull’ambulanza e i volontari segnalano ai carabinieri la sua presenza. Una pattuglia arriva, si riesce a contattare la madre che mezz’ora dopo arriva in treno, i militari verificano le identità della donna e della ragazzina. Se ne vanno assieme, l’ambulanza riparte. Alle 22.40 è in piazza Cambiaghi, il termometro segna 4 gradi: sotto i portici tre fagotti di coperte e cartoni si stringono contro le vetrine della Camera di commercio. Milan, 54 anni, slovacco da 19 anni in Italia, si è sposato, ma ha perso il lavoro, poi la moglie, la casa e da 5 anni la stabilità. E dopo ha perso anche la fiducia di poter star meglio, come i due che dormono affianco: Milan avrebbe bisogno di controlli a una gamba fratturata pochi mesi fa; Nico, ucraino che sta in piedi a mala pena con una stampella, da tempo «non si sente più le gambe», traduce Milan; poi Tin Tin Gorbaciov, 48 anni dello Sri Lanka, quasi sordomuto e qualche patologia psichica, che comunica come può: il nome e cognome sono quelli che avrebbe dato tempo fa durante un controllo dei carabinieri. Milan è arrabbiato: «Non mi danno la residenza. Me la continuano a rifiutare e senza non mi curano».

GLI INFERMIERI si accertano che non ci siano urgenze, i tre tornano a sprofondare sotto i cartoni, l’ambulanza riparte. Si ferma verso le 23.20 a San Rocco, vicino al cavalcavia sul Lambro di viale Fermi, e a piedi con le torce i volontari percorrono il terrapieno fino sotto il ponte: da un mucchio di cartoni e sacchi di plastica esce Sem, 51 anni marocchino a Monza dal 1986, tanti problemi con il lavoro, una donna e negli ultimi anni la salute: dal diabete all’epatite, più una serie di altre patologie, alcune infettive. In ambulanza prende un po’ di caldo, parla volentieri con qualcuno e fa il test della glicemia: il risultato è 388, dovrebbe essere 90. Da tempo il timore è che al prossimo giro Sem non esca più da sotto il ponte.