Muti alla Scala, quel messaggio di Albertini: "Maestro, se torna in teatro le ridò la bacchetta magica"

L’ex sindaco: Muti me la regalò nel 2004 alla Scala di Nicola Palma

Riccardo Muti e Gabriele Albertini

Riccardo Muti e Gabriele Albertini

Milano, 23 luglio 2015 - Dal corteggiamento in corso, l’ex sindaco Gabriele Albertini, oggi senatore del gruppo Area Popolare, è venuto a sapere quasi per caso più di un anno fa. Fu il sovrintendente austriaco Alexander Pereira a rivelargli il progetto di riportare il maestro Riccardo Muti alla Scala dopo dieci anni di assenza. E lui – che da primo cittadino e presidente del Consiglio d’amministrazione del Piermarini ricevette il 2 aprile 2005 la lettera di dimissioni dell’allora direttore musicale – ora non sta nella pelle: «Sono davvero entusiasta». Ora che la rentrée di Muti, a meno di nuovi colpi di scena, pare avvicinarsi sempre più.

Senatore, quando è venuto a sapere dei contatti in corso? «Lo scorso anno. A una cena organizzata dall’istituto Bruno Leoni mi sono casualmente ritrovato seduto di fianco al sovrintendente Alexander Pereira. E allora lui ha iniziato a parlarmi del suo sogno di riportare Muti alla Scala».

E lei? «Ho subito inviato un messaggio al maestro, col quale negli anni di convivenza al Piermarini ho sempre mantenuto un rapporto di amicizia e stima che andava al di là dei ruoli rispettivamente ricoperti».

Cosa ha scritto al maestro Muti? «Gli ho sostanzialmente detto che se lui fosse tornato a dirigere l’orchestra della Scala io gli avrei reso la bacchetta magica di cui mi fece dono nel 2004».

In che occasione? «Dopo l’inaugurazione della nuova Scala post-ristrutturazione con l’Europa riconosciuta di Antonio Salieri, la stessa opera andata in scena per la prima volta il 3 agosto del 1778 in occasione dell’apertura della Scala. Fu un grande evento, una sorta di nuovo battesimo per il teatro. Muti mi donò la bacchetta, che io definisco magica, con la quale aveva diretto tante volte l’orchestra sia alla Scala che nelle tournée all’estero. Nella lettera autografa con cui accompagnò il dono, mi scrisse che «posata quella sera, non avrebbe più diretto alla Scala». La custodisco gelosamente sotto teca a casa».

Un bel sacrificio rinunciare a un dono di tale portata? «In effetti è così. Quella bacchetta rappresenta un importante pezzo di storia della musica e della cultura del nostro Paese. Se mi consente un paragone, è come la bacchetta di Arturo Toscanini custodita da Gabriele D’Annunzio in una sorta di sarcofago al Vittoriale. E visto che mi chiamo Gabriele anch’io...».

A proposito, cosa ha risposto Riccardo Muti al suo sms-appello? «Non ho mai ricevuto risposta. E allora me la sono dato da sola la risposta».

Vale a dire? «Ho capito che il maestro non aveva intenzione di parlare dell’argomento. Tutto qua».

Ora, però, sembra che il corteggiamento di Pereira stia andando a buon fine. «Beh, un corteggiamento piuttosto lungo: quando me ne parlò nel corso di quella cena, aveva appena finito il passaggio di consegne col precedessore Stéphane Lissner e stava per entrare ufficialmente in carica come nuovo sovrintendente della Scala. Comunque, se il progetto di Pereira si concretizzerà, sarà un bel regalo per Milano e per il suo prestigiosissimo teatro. Sono entusiasta di questa idea, speriamo diventi realtà».

nicola.palma@ilgiorno.net

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