Expo, «Lavori a regola d’arte»: Il perito smonta l’accusa della Russia agli italiani

Ancora da saldare 950mila euro, ma per il perito del Tribunale non ci sono incompletezze

Il padiglione della Russia è uno dei più fotografati per via della facciata a specchio che accoglie i turisti (Newpress)

RHO MILANO 10/05/2015 - SITO EXPO 2015 - ESPOSIZIONE UNIVERSALE - PADIGLIONE RUSSIA TURISTI VISITATORI - FOTO FURLAN/NEWPRESS PER FACHIN LUCIDI TOGNOLATTI

Milano, 18 settembre 2015 - «Alla data del sopralluogo peritale non sono state individuate opere incomplete, tutte le parti del padiglione visitate erano perfettamente funzionanti e non è stato riscontrato alcun vizio/difetto». Fuor di burocratese, la perizia tecnica commissionata dal Tribunale di Milano smonta l’accusa di un risultato finale «incompiuto e difettato» che a giugno i gestori del padiglione della Russia a Expo hanno mosso contro i costruttori italiani, tanto da sospendere il saldo dei lavori da 950mila di euro. Nei giorni scorsi la relazione ufficiale è stata depositata: cento pagine in cui il consulente tecnico d’ufficio (ctu) descrive i risultati del sopralluogo nel palazzo a metà luglio. Obiettivo: verificare se le contestazioni di Rvs Holding srl (la società che per conto di Mosca gestisce il padiglione) corrispondono ai lavori eseguiti dal pool di aziende italiane, di cui fanno parte Ges.Co.Mont, Sech. Thyssenkrupp elevator, Coiver, Mia infissi, Catena service, Idealstile, Vivai Mandelli, Sforazzini, La Casa ed Elios. 

Secondo l’ingegnere, «nel suo insieme la costruzione ha una fattura apprezzabile, l’insieme è piacevole e appare eseguito a regola d’arte» e i lavori «sono stati realizzati nei termini», cioè entro l’inaugurazione del primo maggio e rifiniti per la visita del presidente russo Vladimir Putin a giugno, nonostante che «la variante finale al progetto è stata approvata in maniera definitiva (con modifiche sostanziali in variante al progetto originario) solo in data 24/3/2015». Il tempo a disposizione, insomma, era poco. Tanto che il direttore lavori, riporta la perizia, ringrazia le aziende «di aver evitato incidenti diplomatici forse irreparabili». I documenti dimostrano che il primo maggio il padiglione russo era «agibile in ogni sua parte», «ad eccezione del completamento di alcune opere di minore entità», che le società edili provvedono a terminare.

Due mesi e mezzo dopo, l’ingegnere del Tribunale osserva che «fatto salvo la presenza di vizi e difetti di piccola entità», tra cui alcuni fori sulle lamelle, mascherature all’ascensore e qualche profilo delle pareti specchiate sigillato, «tutte le opere atte alla costruzione del complesso espositivo commissionate e/o eseguite dalle varie parti resistenti sono state ultimate e completate secondo la regola dell’arte e che conseguentemente non vi è da quantificare alcuna incompletezza». Di contro, il ctu calcola quanto Rvs Holding deve ancora alle aziende: la Ges.Co.Mont. deve incassare 90.651 euro, la Thyssenkrupp circa 110mila, la Sech 406.396, Mia Infissi 167.793, Idealstile 46.962, Catena 34.909, Vivai Mandelli 78.070, Sforazzini 15.796. In tutto, 950mila euro. Gli imprenditori italiani premono per chiudere la partita prima della fine di Expo. Spiegano che la società russa ha un capitale sociale di 168 euro e temono che se la causa si protraesse oltre il 31 ottobre, recuperare i propri soldi diventerebbe una missione impossibile.

luca.zorloni@ilgiorno.net

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