Lavoratori stranieri, caos burocrazia: sedici mesi per assumere il veterinario

La prima pratica ad agosto 2014. La Cisl: vanno cambiate le regole

Maurizio Bove con Sate Kasouha

Maurizio Bove con Sate Kasouha

Milano, 29 dicembre 2015 - Sedici mesi per assumere un lavoratore. Tanto ha impiegato la Doxal, azienda brianzola specializzata in integratori e farmaci per animali, quando ha deciso di stabilizzare l’agente di commercio che segue il Medioriente. Solo prima di Natale Sate Kasouha, il veterinario siriano assunto dalla ditta di Sulbiate, ha ricevuto l’attesa «Carta blu Ue», il permesso di soggiorno che, secondo le norme dell’Unione europea, può essere accordato ai cittadini extracomunitari che svolgano professioni di alto livello. «La prima richiesta è partita nell’agosto del 2014», ricordano dalla Doxal. E se qualche mese fa l’azienda non si fosse rivolta prima alla Cisl milanese e, insieme ai sindacati, alla Prefettura e alla Questura del capoluogo lombardo, il fascicolo sarebbe ancora arenato sulla scrivania di qualche ufficio pubblico.

«Le norme sono inadeguate e non fotografano la realtà che vogliono organizzare», osserva Maurizio Bove, degli uffici milanesi dell’Associazione nazionale Oltre le frontiere (Anolf) della Cisl. «Ci sono diverse complicazioni – insiste il sindacalista – che inibiscono l’uso da parte delle aziende». La stessa Doxal aveva valutato l’ipotesi di proseguire nel decennale rapporto di collaborazione con il professionista, dopo che le richieste inoltrate al ministero dell’Interno erano rimaste senza risposta. Ma alla necessità di controllare meglio l’area mediorientale, che contribuisce in modo decisivo alla metà del fatturato che l’azienda realizza all’estero, si è sommata la situazione precaria del veterinario e della sua famiglia, residenti a Homs, città sotto attacco. Così, dopo aver rifatto la pratica quest’estate, l’ufficio risorse umane ha cercato sponda nei sindacati e nella Prefettura di Milano.

La «Carta blu Ue» è uno strumento poco utilizzato. Il ministero dell’Interno stima che tra il 2012 (anno di istituzione) e il 2015 siano arrivate 1.311 richieste, ma solo 625 persone l’abbiano ottenuta. Di queste, precisa la Cisl, il 36,3% opera in Lombardia. L’iter, che si effettua via internet, è complicato e prevede, tra le altre cose, il riconoscimento dei titoli di studio da parte dell’ambasciata italiana nel Paese di residenza del lavoratore (che a Kasouha è costata una triangolazione da Homs a Damasco fino a Beirut). Se la «Carta blu» serve per profili alti, la corsa è a ostacoli anche per l’assunzione di altre categorie di lavoratori extra-Ue. Dal «click day» previsto dal decreto flussi all’articolo 27, che contempla i casi particolari: tra gli altri, sportivi, infermieri professionali, lavoratori dell’arte (attori, ballerini, cantanti), acrobati del circo, marittimi e ricercatori universitari. Categorie che viaggiano «in deroga» ai flussi stabiliti per legge. «Ma ci sono professioni di cui avremmo bisogno e che non hanno uno strumento dedicato – aggiunge Bove –. Cosa succede con un cuoco, ad esempio? O rientra nel decreto flussi, o non può entrare né con l’articolo 27 né con la Carta blu». E il rischio è che si ingrossino le file dei lavoratori in nero.

luca.zorloni@ilgiorno.net

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