Coppia dell'acido, ecco dove Martina starà con suo figlio: pareti colorate, grandi stanze e ludoteca

L’Icam, la struttura «a custodia attenuata» che dopo il parto accoglierà anche la “ragazza dell’acido” Martina Levato, ha sede in un appartamento di circa 500 metri quadrati, al piano terra di una palazzina dei primi del ’900 in via Macedonio Melloni di Benedetta Dalla Rovere

Il centro per le madri detenute Icam (Newpress)

Il centro per le madri detenute Icam (Newpress)

Milano, 13 agosto 2015 - Pareti colorate. Camere confortevoli, da quattro o sei posti, con i lettini dei bimbi vicini a quelli delle mamme. La ludoteca, lo spazio per studiare, l’infermeria e un giardino ben curato, disseminato di giochi, tavolini e sedie di plastica a misura di bambino. E il personale della polizia penitenziaria senza la divisa. L’Icam, la struttura «a custodia attenuata» che dopo il parto accoglierà anche la “ragazza dell’acido” Martina Levato, ha sede in un appartamento di circa 500 metri quadrati, al piano terra di una palazzina dei primi del ’900 in via Macedonio Melloni. Da fuori, è quasi impossibile distinguerlo dagli altri edifici stile Liberty della zona. Niente sbarre nei muri. Solo le telecamere all’ingresso e le inferriate alle finestre suggeriscono che l’ex residenza per aspiranti infermiere del vicino ospedale è stata trasformata in struttura detentiva. In questi giorni sono nove (sono dieci i posti disponibili) le donne ospitate insieme ai loro bambini nel centro, nato nel 2007 da un’idea dell’allora direttore di San Vittore, Luigi Pagano, e del giornalista Candido Cannavò, che nel carcere milanese ha fatto il volontario. L'obiettivo? Far vivere le detenute e i loro figli in spazi il più possibile simili a quelli di un normale appartamento, in modo che i piccoli non sperimentino fin dai primi mesi le limitazioni della vita in cella. Negli anni, l’Icam ha ospitato circa 400 detenute. Molte di loro, soprattutto all’inizio, avevano sulle spalle condanne di breve durata, altre invece stanno scontando pene per reati gravi, incluso l’omicidio. Le mamme sono soprattutto di etnia Rom, mentre le detenute italiane sono non più di due all’anno. Anche il tempo di permanenza è cambiato: se all’inizio le detenute restavano all’Icam per circa tre mesi, adesso la durata media è due anni. «Abbastanza – spiega Annalisa Merra, coordinatrice dei volontari di Telefono Azzurro che seguono i bambini – per costruire una rete di relazioni». I bimbi frequentano il nido e, grazie a educatori e volontari, possono andare al parco, all’acquario, alle feste dei compagni di classe. «L’unica differenza con i coetanei è che si abitano con altre mamme e bambini, senza figure maschili», spiega Merra. Esperienze che anche Martina e il suo figlio, che nascerà a Ferragosto, vivranno. In attesa che il Tribunale dei minori decida a chi affidare il bebè.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro