L'intervista a Jake La Furia: "Io, il mio disco. E i Club Dogo"

Il rapper milanese ha da poco aggiunto un secondo tassello alla sua carriera solista con l’album “Fuori da Qui”. Quattordici tracce che stasera risuoneranno dal palco dei Magazzini Generali per la tappa milanese del “Fuori da Qui dj set tour” di FRANCESCA NERA

Jake La Furia

Jake La Furia

Milano, 8 giugno 2016 - Jake La Furia il rap italiano l’ha visto nascere e morire per poi contribuire al suo risorgimento con il leggendario “Mi Fist”, l’album datato 2003 dei Club Dogo. Dopo aver rivoluzionato questo genere nelle fondamenta insieme ai colleghi Gué Pequeno e Don Joe inanellando un successo dietro l’altro, il rapper milanese ha da poco aggiunto un secondo tassello alla sua carriera solista con l’album “Fuori da Qui”. Quattordici tracce che stasera risuoneranno dal palco dei Magazzini Generali per la tappa milanese del “Fuori da Qui dj set tour” che verrà aperta dal collega di casa Dogo Gang, Ted Bee.

“Fuori da Qui” è un album molto diverso dal precedente...

«Il disco è stato scritto in un momento appunto molto diverso rispetto a quello di ‘’Musica Commerciale”, in una fase più matura. Pur continuando a rappare a mio modo i toni sono molto più positivi».

Per la titletrack ha scelto un ospite davvero inaspettato. Come è nata la collaborazione con Luca Carboni?

«Questo featuring nasce sulla base di una stima reciproca. Ho sempre ascoltato anche generi diversi dall’hip hop e lui è sicuramente uno degli artisti che apprezzo maggiormente».

Le sonorità di “Me Gusta” sfiorano il reggaeton. Una traccia che ha tutte le carte in regola per diventare un tormentone estivo. È stata concepita in questo senso?

«Non ho mai fatto musica pensando a come sarebbe potuta andare. È un processo che avviene un po’ per caso, scrivendo di getto».

In “Testa o Croce” apre una piccola digressione sull’attuale panorama hip hop. Come è cambiato in questi ultimi 15 anni?

«Sicuramente è cambiato in meglio. Oggi ci sono una serie di sottogeneri dell’hip hop in grado di accontentare un po’ i gusti di tutti. È diventato un fenomeno pop, inteso come popolare e non più di nicchia».

“Fuori da Qui” è il suo secondo progetto solista. Quali sono i vantaggi di lavorare in autonomia? E gli svantaggi?

«Lavorando da solo ho sicuramente la possibilità di raccontare più cose di me. Fare musica con i Club Dogo, invece, molto spesso è puro intrattenimento. Senza contare il fatto che riuscire a mettere d’accordo tre persone è molto più difficile».

E le voci che si rincorrono su un probabile scioglimento del gruppo sono fondate?

«Sono solo dicerie. Posso solo dire che dal punto di vista contrattuale abbiamo ancora un disco da fare entro un tot di tempo dunque discograficamente siamo ancora vincolati. Quello che sarà poi non lo sappiamo».

Se decidesse di chiudere con la musica che lavoro farebbe?

«Sicuramente mi piacerebbe lavorare in tv. Altrimenti continuerei a costruire moto nella mia officina milanese».

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