Canaletto e Bellotto: cento opere in esposizione a Milano / FOTO E VIDEO

Zio e nipote a confronto: le similitudini alla Gam

Bellotto e canaletto in mostra alle Gallerie d'Italia (Newpress)

Bellotto e canaletto in mostra alle Gallerie d'Italia (Newpress)

Milano, 25 novembre 2016 - Povero Canaletto... Sbarca alle Gallerie d’Italia con la piú ricca mostra che l’abbia mai visto accomunato al nipote Bernardo Bellotto, anche lui grande artista, che anzi rubò allo zio preziosi segreti di tecnica, e si ritrova definitivamente, scientificamente, espropriato di capolavori per tradizione da tempo attribuitigli. Colpa (o merito?), dei sempre piú dettagliati studi condotti sui maestri veneziani del Settecento. Cosí “Il molo verso ovest con la colonna di San Teodoro” del Canaletto fra i tesori della Pinacoteca del Castello Sforzesco si ritrova per la prima volta a confronto con l’omonimo dipinto acquistato a Londra lo scorso 15 ottobre da un collezionista spagnolo e ricondotto alla mano del Bellotto. Stessa sorte per “La Piazza San Marco” e il suo pendant “Il Canal Grande con Santa Maria della Salute dal Campo Santa Maria del Giglio”: prestati alle Gallerie di piazza della Scala dal Cleveland Museum of Art e dal Paul Getty Museum di Los Angeles. Venduti all’asta nel 1961, hanno anch’essi mutato di recente autore. 

Titoli dettagliatissimi per i dipinti che rimarranno esposti sino al 5 marzo 2017. Normale, essendo i due artisti i campioni del “vedutismo” veneziano, una scuola che nel Settecento conquistò il gusto di schiere di appassionati d’arte europei. Per esempio gli aristocratici britannici che, nel loro doveroso Grand Tour, non potevano non fare tappa a Venezia: per loro era quasi d’obbligo tornare in patria con una “veduta” di palazzi, canali e gondole come raffinato souvenir. Se poi quell’opera poteva fregiarsi del marchio di fabbrica del Canaletto, della bottega del famoso Giovanni Antonio Canal... Non che il Canaletto abbia sempre goduto di un’ammirazione universale. Certo, Anton Maria Zanetti, erudito veneziano, il primo a occuparsi dell’artista nato nel 1697 - morirà nel 1768 -, lo esaltò scrivendo che “pochi tra gli scorsi e nessuno tra i presenti si può trovar che si accostino”.

E Charles de Brosses gli fece eco: “La sua maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa”. Pregi che per un sommo critico come John Ruskin si tramutavano in imperdonabili difetti: “Il manierismo del Canaletto è il piú degradato che io conosca in tutto il mondo dell’arte... servile e sciocca imitazione... vacuità delle ombre... un piccolo, cattivo pittore”. Spregiatore feroce, Ruskin, della “pittura fotografica” del Canaletto, che non disdegnava neppure di servirsi di una protoscientifica “camera ottica”. Curata da Bozema Anna Kowalczyk, coordinamento di Gianfranco Brunelli, “Lo stupore e la luce” nelle sue ben cento opere ha anche il pregio di offrire all’ammirazione almeno una trentina di dipinti, disegni e incisioni del Bellotto mai visti in Italia. E di sottolineare l’originalità del nipote rispetto allo zio: non produzione per così dire in serie, ma attenzione alla luce, al dettaglio, al quotidiano. Gallerie d’Italia, piazza della Scala 6. Fino al 5 marzo 2017. Catalogo Silvana.

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