Unioni civili, Margherita non ce l’ha fatta. Ma è morta da donna sposata

Malata terminale, il Comune ha esaudito il sogno di unirsi alla compagna

Margherita (Newpress)

Margherita (Newpress)

Milano, 1 agosto 2016 - Margherita non ce l’ha fatta. Malata terminale, si è spenta nel primo pomeriggio di sabato nella sua stanza all’hospice Casa Vidas. Se n’è andata prima che l’Italia riuscisse a diventare quel posto che lei riteneva doveroso diventasse: il posto dove è possibile celebrare con rito ufficiale e riconoscere su un pubblico registro anche l’unione di due persone dello stesso sesso, con i diritti e i doveri che derivano da quella promessa per la vita. Non ce l’ha fatta di poco, Margherita: venerdì, tra neanche 5 giorni, Milano celebrerà la prima unione civile della sua storia. Per allora saranno approvati quei decreti attuativi della legge Cirinnà che fino ad oggi hanno costretto Margherita e la compagna ad attendere, attendere, attendere. La loro unione va avanti da 25 anni, ininterrotta. Margherita ha conosciuto la donna della sua vita quando di anni ne aveva 28.

Insegnante una, insegnante l’altra. Insieme hanno viaggiato dalle Maldive alla Turchia. Avrebbero potuto sposarsi all’estero e trascrivere poi le loro nozze sul registro di stato civile della loro città. Ma non hanno mai voluto farlo. Come detto, Margherita e la compagna ritenevano doveroso che l’Italia diventasse anche il posto del loro amore. A meno che non si mettano di mezzo cavilli di legge, Margherita è riuscita, però, a morire da sposa. Da donna sposata. Grazie alla sua caparbietà, grazie all’attivismo di Casa Vidas e alla sensibilità del Comune. La sua compagna, il giorno in cui è stata verbalizzata la loro unione, ha sottolineato come questa fosse «una vittoria corale». Margherita, come qualcuno ricorderà, il 16 luglio scorso aveva lanciato un appello pubblico al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, perché accelerasse l’iter di approvazione della Cirinnà. Malata terminale, voleva unirsi alla sua donna prima che la malattia la portasse via: «Voglio sapere che lei, quando io non ci sarò più, sarà al sicuro. Che potrà avere la mia pensione e la mia reversibilità: non stiamo chiedendo la luna» scriveva. L’appello sarà raccolto dal Comune: il 27 luglio un funzionario di Palazzo Marino va all’hospice e verbalizza l’unione tra Margherita e la sua compagna riservandosi di trascriverla una volta approvati tutti i decreti del caso. A Casa Vidas quel pomeriggio si è suonata la marcia nuziale, al pianoforte, una trentina di amici e parenti delle due maestre hanno affollato la stanza e il corridoio dell’hospice, si è trovato il tempo per le bomboniere, c’è stato lo scambio di anelli e più di una lacrima di commozione.

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