Donna cerca di rapire una neonata: panico al puerperio della Mangiagalli

Bloccata subito da un’ostetrica. L’ospedale raddoppia i vigilantes

Carabinieri alla clinica Mangiagalli (Lapresse)

Carabinieri alla clinica Mangiagalli (Lapresse)

Milano, 11 luglio 2017 - Il rapimento è durato qualche minuto, forse meno. Il tempo d’afferrare una bambina dalla sua culla sotto gli occhi della mamma, percorrere il corridoio, infilare la porta del reparto: l’hanno bloccata lì, sulle scale che scendono al primo dal secondo piano, la donna che ieri, durante l’orario di visita, ha cercato di rubare una neonata dal puerperio della Mangiagalli. Per sedare il panico che s’è sparso come un virus tra le neomamme e i loro parenti, e l’inquietudine che ha preso alla gola medici, ostetriche, infermieri e operatori sanitari, ci sono volute ore.

A sera, alla Mangiagalli avevano già raddoppiato la vigilanza che pattuglia i reparti – e oltre alle guardie giurate ci sono i carabinieri in pensione, in borghese –, rivisto le procedure chiudendo le porte che si posson tener chiuse, compatibilmente col fatto di trovarsi in un ospedale, anzi nel puerperio della culla più grande di Milano, tra i sei e i settemila parti l’anno, ottanta neonati alla volta nelle stanze con le loro mamme. E tra le 12 e le 20, frotte di parenti che vanno a trovarli. «Troppa gente! Troppa confusione!», protestava ieri, spaventatissimo, il papà della bambina quasi-rapita. «Non si possono impedire le visite, un ospedale è un luogo aperto, tanto più un reparto maternità», ragionano al Policlinico. E in definitiva sono stati i sanitari, con l’aiuto dei parenti delle puerpere, a stroncare sul nascere il tentativo fermando la rapitrice appena fuori dal reparto e riconsegnando la neonata alla sua mamma senza un graffio. Ieri sono state dimesse insieme. A memoria d’uomo non se lo ricordano un episodio del genere in ospedale, anche se l’uomo è Basilio Tiso, il direttore medico di presidio, oltre vent’anni al Policlinico. Qualcuno in reparto rammenta una mamma che anni fa fuggì col neonato in vestaglia, dopo aver litigato col marito. Ma era il suo bambino. Niente di paragonabile a quel che è successo ieri, poco dopo le 15, a una neonata di dieci giorni, figlia di un marocchino e di una moldava.

Anche la rapitrice è straniera, dell’Ecuador. Ha 33 anni, un marito, vive a Mediglia. Sette anni fa c’era lei in una stanza al secondo piano della Mangiagalli, ha partorito un bambino sano. Ieri è entrata nella stanza della mamma moldava, ha afferrato la bimba nella culla farfugliando: «Devo prenderla per degli esami». E ha preso la porta, così in fretta che la mamma subito s’è insospettita, ha dato l’allarme, un’ostetrica ha individuato la 33enne in fuga in corridoio e insieme ai colleghi l’ha inseguita e fermata. Poi i sanitari hanno dovuto proteggere la rapitrice dalla furia dei parenti degli altri bambini, in attesa dei carabinieri del Radiomobile che hanno arrestato la donna per sequestro di persona e sottrazione di minore. Prima di finire al pronto soccorso, e poi a San Vittore, la 33enne avrebbe confidato a un’ostetrica di aver avuto un aborto qualche tempo fa. Forse un tentativo di giustificarsi, chissà.

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