Sconta due volte la stessa pena. Il pm: "Un bonus al prossimo reato"

Otto mesi di ingiusta detenzione compensati in modo insolito di Marinella Rossi

Detenuto in carcere (ImagoE)

Detenuto in carcere (ImagoE)

Milano, 21 marzo 2015 - La stessa pena scontata due volte. Un bis. E nessuna scusa va al doppiamente carcerato. Solo una frase anodina, suono irreale: «Il condannato ha sofferto un periodo di carcerazione in eccesso pari a (ma il quanto viene lasciato in bianco, ndr), periodo eventualmente fungibile per altro procedimento». Un procedimento che però allo stato non pare esserci: così da interpretare che l’allora pm dell’Ufficio esecuzioni della Procura di Milano, Nunzia Gatto (titolare del fascicolo), nel riparare all’errore si sia portata avanti, dando per scontato che l’interessato, marocchino di 27 anni, avrà certo modo di delinquere ancora, e allora gli verrebbe scontato il pre e ingiusto sofferto.

Il conteggio della pena patita due volte per lo stesso reato, in realtà, lo aveva ben fatto, ma senza essere ascoltato, Aminje Cheraouaqi, ragazzo di Settat, e lo ha rifatto ora il suo avvocato Debora Piazza, che ha appena avanzato istanza di riparazione per 208 giorni di ingiusta detenzione. Otto mesi e 20 giorni, per furto e resistenza, ma moltiplicati per due, per lo stesso furto e la stessa resistenza: un anno e mezzo, alla fine, trascorsi in galera, senza che nessuno si sia dato pena di verificare. Come? Collegare il nome di Aminje - probabilmente (ma è solo ipotesi perché nessuno sa dare conto dell’errore, ndr) trascritto con una lettera diversa nel database dell’ufficio esecuzioni - al numero di procedimento che avrebbe evidenziato la pena già scontata.

L’avvocato Debora Piazza segue il caso del ventisettenne straniero

E inutili i lamenti del ladruncolo, che tutti i suoi precedenti conti (reati contro il patrimonio) aveva regolato: abbandonato da un primo avvocato alla solitudine, Aminje mandava lettere all’ufficio matricola del carcere, in cui scriveva che aveva passato in galera gli 8 mesi e 20 giorni, confermati dalla Corte d’appello di Milano il 3 marzo 2010 e divenuti irrevocabili il 18 aprile 2010. Ma in risposta? «Lui scriveva che doveva uscire - spiega il suo legale Piazza - e loro rispondevano, eh, tutti dicono che devono uscire...». Infatti il 4 aprile 2013 il pm Gatto aveva emesso un nuovo ordine di esecuzione relativo alla sentenza definitiva del 2010, e disponeva che la pena di Aminje «decorreva dal 14 novembre 2013 al 3 agosto 2014». Ma il 6 giugno 2014 è la Direzione della Casa circondariale di Biella a trasmettere una nota all’Ufficio esecuzione penale per dire che «il 5 giugno ha fatto ingresso in questo istituto il detenuto specificato in oggetto, in espiazione» della condanna del 3 marzo 2010.

E, «da una verifica degli atti matricolari risulterebbe che Cherouaqi Aminje è stato detenuto dal 10.6.2009 all’1.3.2010 nell’ambito del procedimento penale 24647/09». Lo stesso procedimento. «A parere di questo ufficio, nonostante alcune discrepanze presenti nell’ordine di esecuzione, verosimilmente il titolo attualmente in esecuzione parrebbe riconducibile alla suddetta carcerazione». La nota apre gli occhi al pm che ricalcola la pena: «Accertato che il condannato ha effettivamente espiato la pena dal 10.6.2009 all’1.3.2010» si dispone «l’immediata scarcerazione...». Con la postilla dell’abbuono dell’ingiustamente sofferto, in caso di altra condanna. «Ma a me altre condanne non risultano» dice l’avvocato Piazza, che, nell’avanzare una richiesta di risarcimento di 49.052 euro per i 208 giorni di galera indebita, si chiede: «Sarebbe mai potuto accadere se al posto di un Aminje ci fosse stato uno di noi?».

marinella.rossi@ilgiorno.net

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro