Laura De Benedetti
Cronaca

La rabbia di una mamma: "Il pedofilo che violentò mia figlia non farà mai un giorno di carcere"

La denuncia choc di una madre: "Quell’uomo ci ha rovinato la vita"

Violenza su minori

Violenza su minori

Lodi, 11 giugno 2015 - «Sono arrabbiata e delusa. Nonostante la condanna a 7 anni decretata dal Tribunale di Lodi nel luglio 2013, il 75enne residente a Lodi che tra il 1999 e il 2000 compì vari abusi sessuali su mia figlia, quando lei aveva solo 6-7 anni, non ha mai fatto un giorno di carcere e, probabilmente, non lo farà mai. La data dell’udienza di appello a Milano, nonostante due solleciti della nostra avvocata (l’ultimo a febbraio), non è infatti stata ancora fissata e a dicembre scatterà la prescrizione». A parlare è una mamma lodigiana, che da tempo si batte a fianco della figlia, oggi 21enne.

Le due donne, dopo anni di sofferenze, il processo e la condanna in primo grado, si trovano a subire il volto peggiore di una giustizia fatta di burocratiche attese anziché di sentenze esemplari e rischiano ogni giorno di trovarsi faccia a faccia col pedofilo che ha lasciato un segno indelebile nelle loro vite anziché saperlo dietro le sbarre. Eppure il loro invito non è a tacere, anzi: «Quando abbiamo deciso di sporgere denuncia ho avuto la famiglia contro - racconta la mamma -; il processo non è stato facile (anche se l’imputato nelle udienze era contumace o ha scelto di non rispondere, ndr), ma sono convinta che se si denunciassero più spesso questi abusi si potrebbe far valere la reiterazione del reato, si eviterebbero le prescrizioni, si risparmierebbe la violenza ad altre bambine».

Il calvario inizia quando la piccola, che chiamiamo Giulia, conosce una coetanea del quartiere, con cui inizia a frequentare la stessa scuola elementare: si incontrano spesso per giocare o guardare i cartoni ma il nonno dell’amica abusa ripetutamente di lei. Giulia comincia a sviluppare una forma di mutismo selettivo e, più tardi, di anoressia che il servizio di Neuropsichiatria infatile, a cui la madre viene indirizzata, definisce «da stress post traumatico».

Giulia rifiuta di incontrare la coetanea, riesce a liberarsi del pedofilo ma tiene tutto dentro di sè fino al 2007, quando, in terza media, confida l’accaduto ad alcune amiche. Solo 3 anni più tardi trova il coraggio di dirlo alla mamma, alla psicologa e poi di sporgere denuncia. Si scopre che l’uomo aveva commesso atti di libidine nei confronti di un’altra giovane, arriva la condanna, Giulia riprende in mano pian piano la propria vita, ora questo duro colpo: «Se anche l’appello si tenesse, per assurdo, domani, ci vorrebbero poi 3 mesi per il ricorso in Cassazione: la prescrizione è praticamente scontata e lui non è mai stato neppure ai domiciliari - conclude la mamma -. Per anni, quando mia figlia ha cominciato a stare male, sono stata assalita dai sensi di colpa, ho attribuito i suoi problemi alla difficile separazione da mio marito. L’importante, comunque, ora è che lei stia bene e che, con la denuncia, l’abbiamo fermato».