Logistica, si indaga ancora sulle coop e sul consorzio

Somaglia, presunta truffa e pagamenti in nero per 1.108 lavoratori. Secondo le fiamme gialle le ditte coinvolte hanno evaso 3,1 milioni di euro. Alcuni sindacalisti avrebbero chiuso un occhio sull’intero sistema di Fabrizio Lucidi

Guardia di Finanza

Guardia di Finanza

Somaglia, 14 luglio 2014 - Proseguono le indagini della Guardia di finanza sulla presunta maxi evasione fiscale di due cooperative in servizio nel polo logistico di Somaglia. Si scandagliano i documenti a caccia di nuovi filoni, ipotesi di reato o complicità più o meno inconfessabili. Perché le due cooperative finite nel mirino degli investigatori, “Cimabue” e “Gest Service”, fanno parte di un ampio concorzio (Cal) specializzato nella logistica e capace - dalla sede di San Giuliano - di prendere appalti in mezza Italia. Anche alla stazione di Milano. Ora, si vuole capire quale sia il reticolo di affari che lega le coop al consorzio, un gigante nel settore, il cui titolare è indagato a sua volta, assieme ai titolari di “Cimabue” e “Gest Service”. Resta poi la presunta evasione di 3 milioni e 100mila euro che l’Inps, con la l’Agenzia delle Entrate, dovrebbero cercare di recuperare alla fine dell’eventuale procedimento penale nei confronti delle coop. E restano i dubbi sul settore, se è vero che solo grazie alle proteste e ai blocchi del tir fatti dagli iscritti a un sindacato, Cgil-Filt, è nata l’inchiesta. Perché il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Lodi ha voluto vederci chiaro. E sentendo decine di lavoratori, pedinando i sospetti, facendo accertamenti bancari sarebbe emerso che le due cooperative avrebbero pagato in nero parte del salario a 1.108 lavoratori. In tutto, le somme in nero sfuggite all’erario ammonterebbero - stimano le “fiamme gialle” - a 4,5 milioni di euro.

Al momento non ci sono indagati fra i sindacalisti, ma secondo gli investigatori «alcuni delegati dei lavoratori erano compartecipi del sistema». Anche se il profilo penale del comportamento al momento non è chiaro, quello etico - se le accuse fossero accertate - sarebbe grave. L’inchiesta somiglia sempre più a un ginepraio. Tale che c’è stato bisogno di un coordinamento operativo fra il Comando provinciale della Guardia di Finanza e la Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate di Lodi, «per consentire a ogni lavoratore dipendente “irregolare”, costretto ad accettare il pagamento degli straordinari in nero e quindi a non dichiarare i relativi redditi, di fruire di ogni beneficio di legge e quindi per evitare - soprattutto a coloro che hanno tentato di far rispettare la legalità - ogni possibile e ulteriore danno», fanno sapere le fiamme gialle.

Secondo loro, infatti, chi non si adeguava ad accettare buste paga con riportate trasferte in realtà mai fatte dal lavoratore, veniva vessato con turni e carichi di lavoro più pesanti, minacce velate e l’impossibilità di fare lavoro extra per guadagnare di più. Tutto - secondo l’accusa - per non far risultare ore di straordinario, consentendo alle cooperative di rispettare i parametri e poter incassare (come hanno poi fatto) circa 35mila ore di cassa integrazione in deroga. Poi, con i soldi pubblici, avrebbero pagato i dipendenti. Un incastro perfetto, che ha consentito a una delle coop di intascare ulteriori 180mila euro dalla Regione per un nido aziendale. Ma a rompere l’incastro sono arrivate le proteste di alcuni operai, e con loro i militari della Finanza.

fabrizio.lucidi@ilgiorno.net