Il killer di Silvio Mannina in fin di vita: sospeso a Bologna il processo d’appello

L’omicida del giovane castanese era stato condannato all’ergastolo

Il corpo esanime di Lidia Nusdorfi, fidanzata  di Mannina, ritrovato  in stazione

Il corpo esanime di Lidia Nusdorfi, fidanzata di Mannina, ritrovato in stazione

Castano Primo (Milano), 2 febbraio 2017 - Sospeso il processo d’appello a Bologna per il killer del castanese Silvio Mannina e della sua ex compagna, Lidia Nusdorfi, a carico del panettiere killer Dritan Demiraj. Il motivo? Le sue gravi condizioni di salute. L’assassino di Mannina era finito in coma dopo essere stato aggredito da un detenuto nel carcere di Parma, circa un mese dopo la sentenza di primo grado. Il procedimento prosegue per lo zio Sadik Dine e per Monica Sanchi (ex partner del killer, anche lei con problemi legati alla salute). I giudici hanno disposto di risentire il ragazzo minorenne all’epoca dei fatti (e ora già condannato in appello dal tribunale dei minori) perché pare che ci siano elementi utili nelle dichiarazioni al tempo rilasciate per accertare le eventuali responsabilità di Dine. Intanto, il procuratore generale e l’avvocato della famiglia di Mannina, Alessandro Buzzoni, hanno chiesto che gli siano riconosciuti tutti i reati contestati, compreso l’omicidio. Il processo è rinviato al 15 marzo, giorno in cui potrebbe esserci la sentenza d’appello. Ma andiamo con ordine. La sentenza di primo grado arriva a marzo dell’anno scorso. Demiraj è condannato all’ergastolo e gli viene tolta la patria potestà. La Sanchi viene condannata a 30 anni per concorso in omicidio. Le sono riconosciute le attenuanti dovute alla collaborazione con gli inquirenti per la risoluzione del caso. Per il suo legale, Nicola De Curtis, la Sanchi avrebbe subito una sorta di «manipolazione affettiva, dovuta a un’azione di plagio». Invece, la condanna per Sadik Dine è mite: 5 anni per occultamento di cadavere (Il Pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo anche per lui). Secondo i giudici di primo grado non ci sarebbero infatti prove schiaccianti che riguarderebbero la presenza di Dine in casa, mentre Mannina viene ucciso.

Nei guai finisce anche un ragazzo minorenne all’epoca dei fatti e che secondo l’accusa avrebbe partecipato al duplice omicidio. Per lui c’è già stata la condanna dalla Corte d’appello del Tribunale dei minori a 28 anni di carcere. A distanza di un anno, l’appello per Demiraj, la Sanchi e Dine. Il ricorso in appello è stato voluto principalmente a causa della mite condanna in primo grado per Dine. Ora la testimonianza che sarà rilasciata dal giovane potrebbe essere determinante. Siamo a venerdì 28 febbraio 2014. Silvio Mannina arriva alla stazione di Rimini da Bologna, dove abitava. Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, sarebbe stata la Sanchi a contattare e ad attirare l’uomo a Rimini tramite social network, dietro la promessa di un incontro amoroso. Una volta arrivato alla stazione, Mannina sarebbe stato accompagnato nell’appartamento di Dritan. Qui l’uomo sarebbe stato ammanettato e sottoposto a ore di tortura, prima di essere strangolato con un cavo attorno al collo. Il corpo è poi sepolto in una profonda buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna. Verrà ritrovato dagli inquirenti negli ultimi giorni di aprile, a seguito della confessione dello stesso Dritan.