Mister Mike, un americano a Lecco: il guru di Obama per il sindaco Brivio

Con 22 campagne elettorali alle spalle lo aiuterà nella riconferma di Agnese Pini

La stretta di mano fra Mike Moffo e il candidato Virginio Brivio

La stretta di mano fra Mike Moffo e il candidato Virginio Brivio

Lecco, 2 marzo 2015 - Mister Mike l’americano, alle 16,30 spaccate di ieri pomeriggio, è ufficialmente sbarcato a Lecco per portare, con marcato accento New England, il verbo di Obama e del suo successo nella città che fu di Manzoni. Tale e tanto è il clamore che precede il suo arrivo – «spin doctor di Barack, navigato trentenne con 22 campagne elettorali alle spalle, mago dei nuovi media e dei social network» – che perfino il sindaco in carica Virginio Brivio, pure lui un po’ frastornato, si è sentito in dovere di presentarlo così alla folla: «Un uomo semplice e senza nessun intento di fare esperimenti da cavia nel nostro territorio». Testuali parole. Quando finalmente arriva, soffocato da una nuvola di fotografi e cameraman che a Lecco non si era mai vista, c’è quasi da rimanere delusi da questo yankee con cognome italiano (Moffo), profilo e capigliatura iralndese, abbigliamento inguaribilmente hipster: scarpe slacciate, occhiali con montatura tonda e barba rossa dégagé.

Ecco l’asso nella manica del Pd: a lui il compito di trascinare il partito locale verso una quasi scontata riconferma alle urne (per mancanza d’alternativa). Non senza il timore di colpi di scena, soprattutto dopo l’onda di critiche e polemiche che Brivio si porta addosso dalla primavera scorsa, quando il suo nome finì in decine e decine di intercettazioni compromettenti – anche se non da un punto vista strettamente penale – dell’inchiesta Metastasi: ’ndrangheta, politica, affari e un suo ex consigliere finito in carcere per associazione mafiosa. Così, la prima mossa «comunicativa» riuscita a Mister Mike sembra essere stata quella di accendere su di lui medesimo i riflettori – indubbiamente è stato l’elemento esotico più fotografato e intervistato della giornata, con le emozioni in platea equamente divise tra deferenza e diffidenza – e spegnerli su eventuali inopportune o spinose questioni che avrebbero potuto travolgere il ri-candidato Brivio nel giorno della sua investitura ufficiale per il quinquennio 2015-2020.

Moffo parla solo inglese, anzi americano stretto, si serve di un traduttore, sorride poco e annuisce moltissimo. «Sono un volontario», dice il suo traduttore, «quindi non ho un cachet». Un volontario che avrà il compito «di formare altri volontari per portare la politica alla gente e la gente alla politica», questo il succo del suo messaggio. Non troppo innovativo, in verità. In sala serpeggia la paura che possa trasformare Lecco in un’astronave da campagna elettorale altamente tecnologica. Ma lui ammette candido di conoscere «ancora poco l’Italia e la politica italiana» – per quanto ne sia inspiegabilmente «affascinato» – e che quindi tutto dovrà essere «studiato e calibrato in base alle esigenze locali». In pratica: «Se qui la gente parla nei caffè noi faremo campagna nei caffè».

Nessuna verità rivelata, dunque, nessuna ricetta miracolosa a dare nuovo slancio e brivido agli entusiasmi che hanno preceduto il suo arrivo. Solo una domanda: da dove nasce la storia di questa nuova saga politica made in Usa, «un americano a Lecco»? Mister Mike dice di essersi accreditato negli ambienti Dem del Belpaese dopo una comparsata dello scorso autunno alla Leopolda in cui è rimasto «molto colpito» dalla «sinistra italiana e da Matteo Renzi». Così, eccolo arrivare da Washington D.C. a Lecco, sebbene – ha precisato – attualmente viva «in Edimburgh» e quindi a queste latitudini si vedrà quattro o cinque volte da qui alle elezioni. L’«effetto Obama», insomma, rischia di essere a intermittenza. «Ma comunque è gratis», si consola Brivio-la comparsa.