La bellezza del corpo secondo Herb Ritts

Le foto di Herb Ritts: dive, modelle e sconosciuti di GIAN MARCO WALCH

A Milano la mostra su Herb Ritts

A Milano la mostra su Herb Ritts

Milano, 20 febbraio - Il racconto degli esordi, autobiografico, appartiene ormai alla storia mitologica della fotografia contemporanea: “Andammo a fare una gita nel deserto e io mi portai la Miranda. Bucammo per strada e arrivammo a malapena a una stazione di servizio. Mentre eravamo lì, cominciai a fotografarlo. Credo di avere scattato tre rullini in bianco e nero. Un sacco di roba. Mandai all’agente provini e negativi. Dopo tre o quattro mesi trovai le mie foto pubblicate su Vogue, Mademoiselle ed Esquire. E cominciarono a piovere gli assegni”. E i due protagonisti di quella fortunata scampagnata a percorrere il dorato viale del divismo.

Il modello, fra James Dean e Bruce Springsteen, t-shirt banca e jeans molli sui fianchi, e muscoli, certo, e sguardo ultramacho, si chiamava Richard Gere, presto cinematografico sogno proibito di milioni di ragazze, donne, nonne anche. Il fotografo era Herb Ritts, il mago dell’obiettivo che con i suoi scatti ha regalato al mondo un lussureggiante immaginario hollywodiano.

Lussureggiante ma mai lussurioso, provocante ma mai volgare. Lucidissima la sua stessa autoanalisi: “Quando senti parlare di “erotismo”, pensi al sesso, ma nelle mie foto c’è più che altro un elemento di sensualità. Per me Penthouse è la classe C del nudo. No, non è che siano immagini ripugnanti, sono solo inutilmente simili alla fotografia da paparazzi”. Scatti, quelli, seriali, privi di quell’equilibrio che distingue, disegna, traccia i confini della bellezza. E proprio “In equilibrio” s’intitola la grande mostra che – promossa da Comune, Civita, Contrasto e GAmm Giunti - le sale del Palazzo della Ragione dedicano da oggi a Herb Ritts: oltre cento immagini originali, dalle più celebri ad altre inedite, ma doverosamente nessuna nuova edizione delle sue foto successiva alla morte, nel 2002, a soli cinquant’anni.

Un equilibrio che si trasforma, come scrive Alessandra Mauro, curatrice dell’esposizione, in “un miracolo di leggerezza e armonia: quel che vediamo non è il mondo come appare, ma come vorremmo fosse, giornate perfette, cieli azzurri, corpi levigati, visi spensierati. E spazi immensi”. Se la bellezza umana si offre elegantemente negli infiniti ritratti con cui Ritts ha esaltato lo “star system” – da Naomi Campbell a David Bowie, da Tina Turner a Prince, da Madonna ad Antonio Banderas – ma anche le tante modelle e i tanti modelli anonimi, se la perfezione del corpo umano esplode con altrettanta se non estrema eleganza nelle sequenze in movimento – uomo di cultura e appassionato d’arte, Ritts studiò con attenzione la statuaria classica, la plasticità rinascimentale -, godono probabilmente di minor fama ma meritano identica ammirazione le sue fotografie africane: un baobab immenso sullo sfondo di una pianura disabitata, il riflesso di una leonessa in uno specchio d’acqua, il puro profilo di una donna Masai. O i colli intrecciati di due giraffe. Inconsciamente sensuali.