"Fermiamo i ladri dall’Italia". La Lega del Canton Ticino chiude tre valichi di notte

Sbarre abbassate per sei mesi, è bufera

Il valico di Ronago

Il valico di Ronago

Como, 2 aprile 2017 - Altro che febbre del sabato sera: ieri al confine tra Como, Varese e il Canton Ticino si è finito per andare a letto più presto del solito. Colpa delle Guardie di confine elvetiche, che, con la consueta puntualità svizzera, alle 23 spaccate hanno chiuso la frontiera ai tre valichi “minori” collocati tra Novazzano-Marcetto e Colverde (Como); tra Pedrinate e Ronago (Como) e tra Ponte Cremenaga e Luino (Varese). Proprio quest’ultima chiusura è quella che potenzialmente potrebbe produrre più disagi, visto che è coinvolto uno dei punti di transito prediletti dai pendolari che si muovono dal lago Maggiore, in particolare da Luino. Per i prossimi sei mesi, dalle 23 alle 5 del mattino, le frontiere rimarranno chiuse in questi tre punti per motivi di sicurezza. La scelta di abbassare le sbarre la notte, infatti, è stata presa per rassicurare i residenti svizzeri della zona di confine e i rappresentanti della Lega dei Ticinesi, secondo i quali in questo modo gli svizzeri si sentiranno più sicuri rispetto «ai ladri che arrivano dall’Italia».

Almano, così la pensa Roberta Pantani, rappresentante della Lega dei Ticinesi al Consiglio Nazionale, il parlamento svizzero che tre anni fa presentò una proposta di legge contro l’escalation di furti e rapine che imperversavano lungo il confine. Sull’onda dell’indignazione popolare, la Lega dei Ticinesi non ha faticato a chiedere e ottenere la soluzione più semplice: chiudere la porta di casa, ovvero i valichi minori, dove da anni erano spariti i doganieri. Poco importa se la frontiera tra i due Paesi viene presidiata notte e giorno da un sofisticato sistema di telecamere e di droni in grado di leggere la targa di un’auto da oltre duecento metri di altezza. I sindaci italiani dei comuni sul confine, per la verità, ci hanno provato a dire che il provvedimento era eccessivo e avrebbe finito solo per penalizzare i loro concittadini; dalla Svizzera sono stati irremovibili e nelle scorse settimane hanno dotato i tre valichi di sbarre e sistemi elettronici antintrusione. Un conto da 200mila franchi a valico (187mila euro), che fa temere che la sperimentazione prosegua ben oltre i sei mesi annunciati e finisca per diventare definitiva, in barba al trattato di Schengen, al quale la Confederazione Elvetica ha aderito con accordi separati.

Nei giorni scorsi a Bellinzona ha tentato senza successo anche Raffaele Cattaneo, il presidente del Consiglio Regionale Lombardo, a far cambiare idea agli svizzeri nel corso di un incontro al Gran Consiglio del Canton Ticino. «Il confine e già sicuro e non saranno di certo le sbarre abbassate a fermare i criminali – spiega Sergio Aureli, vicepresidente del Consiglio sindacale interregionale – Chi invece avrà grossi problemi saranno tanti frontalieri, costretti a cambiare strada per arrivare puntuali al loro posto di lavoro oltreconfine». Stessa posizione per il sindaco leghista di Colverde, Cristian Tolettini. In Canton Ticino oggi lavorano oltre 60mila lombardi, la maggior parte residenti nelle province di Como e Varese. Abbassando le sbarre, è come se la Svizzera avesse chiuso fuori anche loro.