Cantù, tensione alle stelle dopo la festa islamica 'proibita'

In seicento per il "sacrificio" nonostante i divieti. Gli islamici: "Non infrangiamo nessuna legge"

La festa del sacrificio a Cantù

La festa del sacrificio a Cantù

Cantù, 2 settembre 2017 - Li avevano formalmente diffidati dal ritrovarsi a pregare all’interno del capannone in via Milano, ma alla comunità islamica canturina rappresentata dall’associazione Assalam l’invito è entrato da un orecchio e uscito dall’altro. Ieri mattina, alle 6 e 30, nel parcheggio della zona industriale che porta a Mirabello sono iniziate ad arrivare le auto e in breve tempo almeno 600 musulmani si sono ritrovati all’interno per celebrare l’Eid Al Adha, ovvero la Festa del sacrificio che nel calendario dell’Islam equivale alla Pasqua dei cristiani.

Ad attenderli però c’era la polizia municipale di Cantù, i carabinieri, il sindaco Edgardo Arosio e l’onorevole Nicola Molteni della Lega Nord che adesso è pronto a sottoporre la questione al ministro Minniti. «Siamo di fronte a un evento gravissimo, che non ha precedenti in Italia – spiega l’onorevole Molteni – con questo atto la comunità islamica ha dichiarato guerra al sindaco e alla gente di Cantù, dimostrando di disprezzare le nostre leggi e le nostre regole. Non è solo una sfida alla Lega, ma allo Stato di diritto». A quanto sempre l’associazione Assalam ha provato, in extremis con una mail indirizza al Comune alle 23 e 25 di mercoledì, a chiedere la disponibilità di una sede alternativa. «Era un atto irricevibile – replica il sindaco, Edgardo Arosio – si trattava di una comunicazione informale tra l’altro poco comprensibile, se avessero avuto una reale volontà di collaborazione si sarebbero mossi per tempo. Questa non è la diciottesima riunione a carattere religioso che abbiamo documentato».

Dal canto loro i musulmani si difendono dicendo che sono entrati a rotazione. «Mai più di 80/90 per volta – spiegano – per questo avevamo montato un tendone all’esterno, per accogliere chi non poteva in quel momento rimanere dentro. Questa non è una moschea, ma un luogo dove ci incontriamo per ascoltare le letture del Corano e meditare». C’è anche chi è arrivato a Cantù da Milano. «I fratelli mi hanno parlato di questo nuovo centro e sono venuto nel giorno della nostra festa. Non sapevo che pregare fosse un reato».