The Floating Piers, performance in nero all'alba sull'opera di Christo

L'artista e poetessa milanese Tiziana Cera Rosco racconta e spiega la sua performance nell'ultimo giorno di apertura con una gonna nera fatta di sette lenzuola (foto di Alex Astegiano - video di Michele Affaticati)

L'artista Tiziana Cera Rosco su Floating Piers

L'artista Tiziana Cera Rosco su Floating Piers

Sulzano (Brescia), 3 luglio 2016 - “C’è una frase che ha sempre accompagnato il mio lavoro “Ogni opera d’arte è di una solitudine infinita”. La frase è di Rilke, lo stesso poeta che scrisse che L'artista Tiziana Rosco su Floating Piersl’amore è fatto di due solitudini che si custodiscono, si delimitano, si salutano. Ed è con questo spirito che ho intrapreso questo passaggio”. Così Tiziana Cera Rosco, l’artista e poetessa milanese che alle 5 del mattino del 30 giugno ha inscenato una performance sulla passerella deserta dell’opera di Christo, prima che il paese si svegliasse. “Quando l’opera di Christo è comparsa - racconta -  mediatamente ne ero quasi delusa. Tanta filosofia e astuzia per vedere un carnaio di persone che si accalcava a qualunque ora del giorno e della notte per farsi una passeggiata tra selfie, panini e calzoncini corti, in giorni torridi che emanavano odore solo al pensiero. Cosa che mangiava ogni attrazione critica e detonava completamente l’idea che io ho di opera. Ossia l’esposizione di un punto di universo che si comunica tramite silenzio ( e da quel silenzio riforma un linguaggio comune da cui l’opera può essere letta). Poi c’è stato un episodio: stavo guidando e appuntavo vocalmente col telefono alcuni pensieri circa i gesti di attraversamento di un corpo, quando mi arriva una mail con una foto dell’opera di Christo vista dall’alto. E’ stato come un shock addizionale che ha cambiato la valenza morfologica dell’estetica che assorbivo dall’immagine del progetto in generale“. 

 

Da lì l’idea della performance. “Si è aperto un livello di comprensione - racconta Tiziana - ma è arrivata un’idea. Per prima cosa l’arancione: colore potentissimo in tutte le simbologie, colore del legame, dell’affetto verso il mondo dei legami. L’ho visto per la prima volta vuoto il “The Floating Piers”. L’opera lasciata sola. Da lì mi ha parlato. Ho sempre lavorato con lenzuola (e con l’idea di errore, deposizione, perdono, pulitura) ossia con materiali che prevedono dei corpi distesi, che giacciono su e che per me sono, verticalmente, l’immagine più vicina alla preghiera, anche laica. Lo dico senza cultura“.

L'artista Tiziana Rosco su Floating PiersCome è andata? “La prima sensazione che mi è arrivata è stata quella di camminare su quel ponte fluttuante in silenzio, con la mia gonna lunga fatta appunto di lenzuola. un movimento semplice e disarmante, camminare sola su un’opera solitaria. camminare con una gonna nera, lunga: 7 lenzuola nere, che mia madre ha cucito per me ( il 7 vuole solo richiamare il 70 volte 7 ossia il numero infinito del perdono). Ho immaginato di attraversare il pontile come una specie di abluzione, ripulendo l’opera dai rumori che inevitabilmente assorbe. Dal chiasso. Dalle cose che si sopportano quando si rende disponibile un lavoro. Un piccolo e semplice rito di cura bonificante“.

Tiziana Cera Rosco non enfatizza la sua performance. “Certo io non sono nessuno. Sono solo una che dalla mattina alla sera lavora con questi significati e cerca di mettere in contatto la sua isola (anche per salvarla da uno sprofondamento) con la terraferma del mondo. Cerca un ponte, la formazione di un linguaggio per quel ponte. Un lavoro inutile, per lo più. Ma è la parte di di dialogo di cui sono titolare e cerco di assolverla come posso. Così questa che ho intrapreso è una performance di attraversamento. E’ un’opera che cammina su un’altra opera, percorrendola, avendo fiducia di poterci davvero camminare su, galleggiando su un abisso. Insomma, un’opera attraversata da un’altra opera“.

Il gesto, precisa poi, è quello di riuscire a camminare dove altri affonderebbero. “E non fa questo l’arte? Cammina dove altri potrebbero annegare, e permette attraversamenti. Con un legame assurdo tiene molti più equilibri di quelli che disfa. Ed è questo che ho desiderato: camminare sulla possibilità che l’arte rappresenta cercando di togliere rumore. Non per calpestarla nel senso dispregiativo della parola, ma per attraversare lo spazio della comunicazione pura che l’opera è. Nella performance ho il viso annerito e le mani sporche, perché per ripulire non siamo così ingenui da pensare che non ci si faccia carico anche di un petrolio pesantissimo di cui tutti siamo portatori con le nostre ambiguità e sprechi di senso“.

Ma cosa significa la lunga gonna nera, che assorbe e pulisce sul ponte fluttuante arancione? “E’ anche un ringraziamento, perché con una voce, che non è solo la mia, ma una relazione che permette la voce, è come se potessi ringraziare le opere che mi hanno permesso negli anni di sentirmi espressa attraverso il lavoro di altri. Infondo queste due opere di attraversamento si somigliano nel loro intimo. Sono due solitudini che si custodiscono, si delimitano e si salutano. Non penso di avere un compito migliore oggi se non questo lavoro di incontro da cui si generano linguaggi. E questo mano mano mi aiuta a capire cos’è l’amore“.