Uccide la fidanzata 18enne poi si toglie la vita: "Mi ha raccontato bugie ma pagate coi miei soldi anche il suo funerale"

Il racconto dell’amico di una vita di Luigi Cuel. L’amico al quale è toccato in sorte la tragedia di scoprire i cadaveri di Beatrice Raspa

Luigi Cuel e Cezara Musteata (Facebook)

Luigi Cuel e Cezara Musteata (Facebook)

Sedena di Lonato (Brescia), 3 settembre 2015 - «Mi aveva detto: Luciano, non sto male perché Cesy mi ha lasciato. Sto male perché mi ha raccontato bugie, ha tradito la mia fiducia quando si è messa con un altro». A parlare, la voce rotta dal dolore, è Luciano Ottonelli, l’amico di una vita di Luigi Cuel. L’amico al quale è toccato in sorte la tragedia di scoprire i cadaveri, martedì alle 19, sul retro del maneggio dimesso «La Pampa», a Sedena di Lonato. Cuel, 44 anni, di Calcinato, il primo settembre ha ucciso la sua ex fidanzata, la diciottenne Cezara Musteata, una studentessa dell’istituto tecnico Bazoli di Desenzano residente a Castiglione delle Stiviere (Mantova), e poi si è impiccato. L’uomo, impiegato in una concessionaria di San Zeno Naviglio, ha condotto la ex con la sua Opel nera in quel luogo sperduto tra gli ulivi che amava tanto, dove spesso in passato aveva condiviso con la ragazzina le passeggiate a cavallo, e poi ha ucciso entrambi.

Cuel ha stordito la diciottenne con dell’etere, hanno ricostruito i carabinieri della compagnia di Desenzano, quindi l’ha strozzata con una fascetta da elettricista. Infine si è tolto la vita appendendosi a una pianta. Le sue intenzioni erano state affidate ad alcune lettere rinvenute sul sedile della Opel. «Pagate i nostri funerali con i miei soldi» ha lasciato scritto. In cura per una seria depressione, il 44enne aveva conosciuto Cezara 4 anni fa per caso, in occasione della vendita di un’auto alla madre della ragazza. Nato come una innocente simpatia, il rapporto tra i due si era via via cementato grazie agli interessi comuni – dalla fotografia al tiro con l’arco al cosplay – e nell’ultimo anno si era trasformato in una realazione quasi simbiotica.

I carabinieri sul luogo dell'omicidio-suicidio a Sedena di Lonato (Ansa)

«La storia con Cesy era finita a luglio e lui ne soffriva, spesso faceva battute facendo riferimento all’idea di farla finita, ma erano frasi dette con il sorriso, non avrei mai immaginato a un epilogo così drammatico – confida Luciano stravolto -. Lunedì avevo inviato Gigi per un caffè ma mi aveva risposto che non poteva perché stava alla Pampa a rilassarsi. Lui amava quel posto, aveva bei ricordi. Eravamo rimasti che martedì sera sarebbe venuto a cena da me. In mattinata alle 5.50 mi ha inviato su whatsapp un messaggio di buongiorno. Alle 10 gli ho riscritto io e il suo cellulare non dava l’avviso di messaggio ricevuto – continua Ottonelli -. Strano. So che viveva con il telefono attaccato. L’ho chiamato più volte, ma niente, sempre irraggiungibile. Nel pomeriggio ho scoperto che non era andato a lavorare e mi sono allarmato. A casa non c’era. Anche la ragazza non rispondeva al cellulare. Allora mi è venuta in mente La Pampa, e sono corso laggiù. Non potrò mai dimenticare la scena in cui mi sono imbattuto. Lui ciondolava da un albero. Lei, con una fascetta attorno al collo, era stesa nell’erba, a poca distanza dalla pianta. Gigi l’aveva sistemata con le testa girata verso di lui come se lo stesse guardando, l’aveva coperta con un telo giallo rimboccato, sembrava l’avesse messa a dormire. Poi mi sono girato e ho notato un quadro appoggiato a un altro albero, un collage con tutte le loro fotografie degli anni trascorsi insieme».