Formaggio con latte contaminato: quindici fascicoli, sessanta indagati

La maxi inchiesta di Brescia si allarga, contestate adulterazione e frode di PAOLO CITTADINI

I Nas impegnati in verifiche nei caseifici

I Nas impegnati in verifiche nei caseifici

Brescia, 29 marzo 2016 - Si allarga l’inchiesta della Procura di Brescia sul formaggio prodotto con latte contaminato da aflatossine, tossine cancerogene prodotte da un fungo che quando il clima è troppo secco attacca il mais utilizzato come mangime per gli animali. Sono 15 i fascicoli aperti in Procura dal Sostituto Ambrogio Cassiani e complessivamente sono una sessantina le persone, dai produttori di latte ai rappresentanti dei caseifici, coinvolte. Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari e per qualcuno frode nell’esercizio del commercio sono i reati contestati a vario titolo e con diverse responsabilità. Emerge ora però un nuovo elemento che desta preoccupazione. Se infatti quindici giorni fa quando il caso è scoppiato sembrava che tutto il formaggio contaminato (4mila forme di formaggio stagionato) fosse stato messo sotto sequestro ora si scopre che alcuni prodotti sono finiti nei piatti dei consumatori. Si tratta di formaggi non stagionati come mozzarelle, provoloni e ricotte arrivati direttamente nelle cucine di ristoranti e trattorie con ogni probabilità all’oscuro del problema.

Per gli inquirenti, le indagini sono state affidate ai Nas di Brescia e coinvolgono anche altre province lombarde (Bergamo, Mantova e Cremona), il latte utilizzato anche per produrre il Grana Padano aveva livelli di aflatossine superiori al limite di legge dei 50 nanogrammi per litro anche di 5 volte. Il problema è che quasi nessuno ha mai segnalato queste anomalie. Il latte contaminato anziché essere distrutto veniva miscelato con prodotto di qualità così da abbassare drasticamente i dati fuori norma. Un comportamento vietato dalla legge e, per gli inquirenti, messo in atto da qualcuno in maniera deliberata pur di vendere il latte in un momento di grave crisi per i produttori.

Trecento circa le analisi “sballate” che nemmeno l’Istituto zooprofilattico di Lombardia e Emilia Romagna (ente pubblico, ma che può anche svolgere funzioni di laboratorio privato) e gli altri tre centri analisi accreditati in provincia hanno segnalato all’Asl. Qualcuno non sapeva dei problemi del latte e lo ha acquistato lo stesso per lavorarlo, qualcun altro se ne è accorto e ha fatto finta di nulla. A segnalare il problema all’Asl la Centrale del Latte di Brescia (qui la politica aziendale ha abbassato a 35 nanogrammi per litro il limite massimo consentito di aflatossine) e il gruppo Ambrosi che hanno analizzato da sé il latte rimandandolo ai produttori. La Regione già quindici giorni fa aveva preso le contromisure per affrontare l’emergenza. Seimila i controlli previsti dal Pirellone per affrontare il problema. Solo in provincia di Brescia ne sono stati messi in calendario entro la fine dell’anno oltre 1.300. Alcuni allevatori hanno deciso di tagliare alla radice il problema eliminando il mangime ricavato dal mais prodotto “in casa” nel corso della scorsa calda estate.

di PAOLO CITTADINI