Macello degli orrori, tre dipendenti della Italcarni patteggiano

Due veterinari dell'Asl di Brescia andranno invece a processo con rito abbreviato il prossimo 22 aprile

Un’immagine del fascicolo aperto in Procura  a Brescia a sostegno della denuncia: una mucca sfinita e a terra viene trascinata con un muletto all’interno del macello

Un’immagine del fascicolo aperto in Procura a Brescia a sostegno della denuncia: una mucca sfinita e a terra viene trascinata con un muletto all’interno del macello

Ghedi, 12 febbraio 2016 - Hanno patteggiato pene da un anno e otto mesi a un anno e 10 mesi i tre dipendenti di Italcarni di Ghedi (Brescia), il macello sequestrato dalla Procura di Brescia per maltrattamenti sugli animali per la vendita di carne infetta. Due veterinari dell'Asl di Brescia andranno invece a processo con rito abbreviato il prossimo 22 aprile. 

Tra le parti civili che si sono costituite, oltre a Lav, Lac, Animal Amnesty e Adiconsum, c'è anche il Comune di Ghedi. La Lav ha lanciato un appello al direttore della Asl di Brescia, Vassallo: "Ora che il proprietario e i dipendenti hanno ammesso i reati di maltrattamento, la Asl invece di riaprire la struttura disponga l'immediata chiusura ai sensi della normativa europea, dimostrando discontinuità dalle condotte poste in essere finora e rese possibili dai veterinari".

Il macello di Ghedi è balzato agli onori della cronaca lo scorso anno per la video-inchiesta pubblicata sul sito de Il Fatto Quotidiano. Le drammatiche immagini mostravano le sevizie inflitte agli animali che arrivavano in gravi condizioni, non piu' in grado di reggersi sulle zampe che, anziche' essere macellati in allevamento come prevedono le norme, o in ultima analisi sul camion, venivano scaricati e spinti con trattori o muletti, trascinati con catene e spinti con forconi. "Una illegalita' non piu' tollerabile per gli animali vittime di sevizie, e pericolosa per la salute dei cittadini di Ghedi e delle zone limitrofe - aveva sottolineato Roberto Bennati, Vice Presidente Lav - Le lesioni cagionate agli animali, spesso trascinati con catene in ferro nel trasporto e nella movimentazione, infatti, secondo l'Istituto Zooprofilattico di Torino e di Portici, erano all'origine di gravi infezioni, risultanti in una elevatissima carica batteriologica, fino a 50 volte superiore al consentito", h veva concluso  la Lav.