Per Green Hill orrore infinito, c'è chi avvisava delle ispezioni: altra inchiesta

Il pm ha chiesto gli atti per nuovi accertamenti dopo la sentenza di Beatrice Raspa

Un cagnolino salvato da Green Hill  in braccio alla sua nuova padrona (Fotolive)

Un cagnolino salvato da Green Hill in braccio alla sua nuova padrona (Fotolive)

Brescia, 2 febbraio 2015 - Green Hill, e adesso a rischiare guai giudiziari sono i controllori, sospettati di connivenza con i gestori dell’allevamento sequestrato il 18 luglio 2012. A una settimana dalla conclusione del processo di primo grado ai vertici del canile – condannati a un anno e sei mesi la manager Ghislaine Rondot e il veterinario Renzo Graziosi, a un anno il direttore Roberto Bravi, assolto invece il consulente esterno Bernard Gotti – la procura di Brescia ha aperto un nuovo fascicolo. A finire sotto inchiesta stavolta è un veterinario dell’Asl di Lonato, iscritto al registro degli indagati per falso ideologico, maltrattamenti e animalicidio in concorso con coloro che, secondo l’accusa, il medico ha favorito non assolvendo il proprio dovere.

Il caso dei tremila beagle salvati dal destino dei laboratori scientifici, che tanto ha appassionato gli animalisti, è dunque destinato a tenere ancora banco. Il pm Ambrogio Cassiani, lo stesso che ha proceduto nei confronti dei gestori di Green Hill, adesso vuole chiarire perché per anni i cinque capannoni che sorgevano sul colle san Zeno a Montichiari uscissero sempre indenni dalle verifiche da parte delle autorità preposte. “Tutto in regola” era il leitmotif delle ispezioni al canile, già al centro di una precedente inchiesta archiviata proprio sulla scorta dell’esito positivo dei controlli. L’idea sulla quale il sostituto procuratore lavorerà - l’allevamento aveva qualche “protettore”? - è stata ampiamente discussa in aula nell’ambito del recente processo.

«La difesa per dimostrare che Green Hill agiva dentro le regole ha prodotto tutti i verbali delle ispezioni effettuate dall’Asl dal 2003 al 2012 – aveva sottolineato Cassiani durante la requisitoria -. Quelle ispezioni però, qualora venivano eseguite, erano troppo sommarie. E poi erano preordinate. Le email scambiate tra gli imputati mostrano una prassi sedimentata di avvisi per tempo». Il pm ha parlato di una sorta di “patto di non aggressione” tra i vertici dell’allevamento e i controllori.

«Green Hill era una struttura di grande complessità, tanto che per perquisirlo a luglio 2012 io e la Forestale ci abbiamo messo dalle 9 del mattino alle 4 di notte. Da questi verbali invece emerge che le verifiche duravano non più di due ore. Avvenivano frazionate in più giorni, e i gestori ne erano sempre al corrente. Oppure addirittura i moduli a crocette venivano riempiti domandando direttamente a Rondot e Graziosi». E ancora: per Cassiani la prova delle “soffiate” è in una serie di email nelle quali gli imputati facevano riferimento ad alcuni suggerimenti offerti dal medico (ora inquisito) perché l’allevamento in vista di un’imminente visita degli ispettori del Pirellone si mettesse in regola sul fronte degli spazi, della temperatura e dell’eccessivo affollamento. «La prassi degli avvisi era così sedimentata che in un caso un dipendente lamentava che il preavviso di solo mezz’ora era troppo esiguo».