Agguato da Frank, il complice indiano: "Non sapevo che Adnan volesse sparare"

Nella mattinata si è svolto l'interrogatorio ad Adnan e Singh, i due killer dei coniugi Seramondi. Gli inquirenti sono ancora a caccia del vero movente dell'agguato, il questore non ha escluso l'ipotesi dell'usura di B.Ras. FOTO - Agguato alla pizzeria 'Frank' - I funerali di Frank e Vanna - Arrestati i due killer - Lo scooter dell'agguato

Agguato in pizzeria Da Frank

Agguato in pizzeria Da Frank

Brescia, 19 agosto 2015 - È durato quasi tre ore l'interrogatorio di convalida dei due asiatici arrestati per l'omicidio dei pizzaioli Francesco Seramondi e Giovanna Ferrari. Muhammad Adnan, il titolare pakistano della pizzeria concorrente Dolce & Salato, ha ribadito davanti al gip di avere ucciso per rivalità commerciale. Il complice indiano assoldato dal primo ha invece riferito di essere stato ingaggiato al prezzo di cinquemila euro dietro la promessa di un lavoro. "Ha riferito che non sapeva che il pakistano volesse sparare, il mio assistito ha anche cercato di fermarlo", ha spiegato il suo legale Nicola Mannatrizio. L'uomo ha inoltre negato di avere partecipato all'aggressione del primo luglio al dipendente albanese di Frank, Arben Corri.

Pensavo che Adnan volesse solo dare una lezione a Frank. Non immaginavo che volesse ucciderlo, non lo sapevo. Il fucile lui non lo aveva dall’inizio, altrimenti avrei intuito qualcosa. Lo ha preso in negozio. Per me era troppo tardi per ritirarmi. Ma io non ho ammazzato nessuno”, ha dichiarato. Sarbjit Singh ha infatti accettato di rispondere alle domande del giudice, tradotte da una interprete, e ha raccontato la sua verità. “Conosco Adnan perché lavoravo per lui da quattro mesi, in nero. A volte dormivo nel suo negozio. Lui voleva dare una lezione a Frank, con cui i rapporti non erano buoni. Lunedì me lo ha detto, senza parlare di omicidio, e mi ha promesso cinquemila euro. Me ne ha dati 500. Mi servivano, per aiutare e miei parenti in India”. A procurare e guidare il motorino, ha aggiunto, è stato il pakistano. E anche a procurarsi l’arma e a uccidere.

“Io ero dietro, come passeggero - ha proseguito nel corso dell'interrogatorio -. Adnan era venuto a prendermi alla stazione. Il fucile non c’era. Lo ha tirato fuori all’ultimo. Fuori dal negozio di Frank lui è sceso con l’arma, è entrato prima lui. Io ho aperto la porta, dopo, lasciando l’impronta. Il pakistano ha sparato alla moglie. Io gli ho gridato ‘No, non sparare’ e sono uscito. Ma lui lo ha fatto ancora”. I due sono fuggiti insieme, sempre in motorino, con l’indiano di nuovo “seduto dietro”. Poi si sono separati. Il pakistano qualche giorno dopo lo ha chiamato per dirgli “dobbiamo smontare il motorino” e domenica lo ha raggiunto, in provincia di Bergamo, per dividere il ciclomotore in pezzi. A Singh è stato chiesto anche del tentato omicidio del dipendente albanese di Frank. “Si è chiamato fuori pure da questo - riferisce l’avvocato Mannatrizio - Adnan accusa il mio cliente, e la procura gli contesta il reato, ma lui giura di non di essere stato”. E non sa se dietro il movente minimalista - la concorrenza commerciali - si celi altro, come sospettano investigatori e procura.