Corioni lascia il Brescia, 22 anni di presidenza tra luci e ombre

Gino Corioni è stato presidente del Brescia per 22 anni, fino al commisariamento del club da parte di Ubi Banca di Giulio Mola

Gino Corioni

Gino Corioni

Brescia, 17 luglio 2014 - L'uscita di scena imposta a furor di popolo di Gino Corioni, segna la fine di uno storico ciclo sportivo. Il calcio odierno, forse, non è più lo stesso che l’ex patron del Brescia ha sognato per più di quattro lustri, fino al commissariamento del club da parte di Ubi Banca. Restano (e non possono essere dimenticati) 22 anni di presidenza, tante luci e qualche ombra. Dalla gioia per il settimo posto in serie A del 2001 e per la finale Intertoto con il Psg dell’agosto 2002, al terrore per una serie C evitata d’un soffio nel 1996, passando per il record negativo di sconfitte consecutive collezionate da una squadra di A (campionato 1994-95, con 26 partite perse su 34 e solo 12 punti all’attivo).  Certo, la Corioni-story poteva avere un altro epilogo, e invece è finita con l’imprenditore di Ospitaletto andato via sotto il peso di una montagna di debiti e con la mancata iscrizione scongiurata all’ultimo secondo. Non una favola a lieto fine, insomma, ma gli errori compiuti nella lunga gestione forse contano meno delle vittorie e delle soddisfazioni regalate nelle stagioni migliori grazie alla passione e al fiuto. Purtroppo i conti lasciati in rosso e le “operazioni simpatia” mai avviate (nei confronti dei tifosi, certo, ma anche delle scuole, dei media, delle mille società della provincia) alla fine sembrano meno importanti del “miracolo” di aver fatto indossare la maglia a fuoriclasse del calibro di Baggio e di Guardiola, a campioni come Hagi e Hamsik, ad ottimi giocatori come Toni, Diamanti e Caracciolo.  Troppo in fretta si dimentica in Italia, molto spesso conviene più ricordare gli ultimi eventi. O, nel caso di Corioni, quegli annunci pieni di enfasi che trasformatisi in un boomerang vanificando lo sforzo di accendere d’entusiasmo una piazza freddina e scettica come Brescia. Nei 22 anni di presidenza Gino Corioni si è reso protagonista di grandi atti di generosità (arrivando a ipotecare la sua stessa casa, per una precedente crisi di liquidità, pur di evitare il fallimento). Però hanno colpito di più alcuni gravi errori gestionali. A partire dal “colpaccio” Baggio. Forse in quell’occasione il Brescia fece il passo più lungo della gamba, finendo per pagare stipendi arretrati al Codino anche dopo il suo ritiro senza peraltro riuscire a sfruttare in quattro anni la presenza del campione veneto con opportune iniziative di marketing. L’unico tentativo venne fatto nel 2005, per cercare di sbrogliare la matassa riguardante lo stadio, nell’ambito dell’idea “Stadium Global Center”. Un progetto allora pionieristico, con due lustri d’anticipo sullo Juventus Stadium, ma le resistenze della politica alla fine ebbero il sopravvento anche sulla carismatica figura di Baggio. E lo stadio nuovo è sempre rimasto in cantiere, anche per le promesse mai mantenute degli amministratori. Altre, semmai, sono state le “colpe” di Corioni, che lo hanno portato in contrasto con la tifoseria: dalla cessione di Ganz alla rivale Atalanta, a una politica dei prezzi di biglietti e abbonamenti mai efficace e trasparente. Senza dimenticare il discutibile modo di gestire gli allenatori: da Ferrario esonerato la domenica mattina, a poche ore da una partita decisiva, per affidare la squadra al preparatore atletico Bacconi, al licenziamento di un tecnico quinto in classifica a 11 giornate dalla fine del campionato (Maran) per inseguire la promozione diretta con Zeman (7 sconfitte, 2 pareggi e 2 sole vittorie, mancato approdo ai play-off. E poi la farsa dell’ultima stagione, con un tecnico (Giampaolo) andatosene dopo 5 giornate, per ragioni mai completamente chiarite.  Sarebbe scorretto però non ricordare i drammi che hanno condizionato la sua gestione, come la dura lotta al cancro (indimenticabile l’immagine del presidente al centro del campo nel 2004, nonostante gli evidenti segni della chemioterapia) e i gravi torti subiti dai poteri forti del calcio nostrano, come l’ingiusta retrocessione in serie B nel 2005 con l’ombra di “calciopoli” alle spalle. Anche (e soprattutto per questo) Brescia ha il dovere di dire grazie a Corioni.