Bossetti e la nuova strategia. L’ipotesi dello sconto di pena

Caso Yara, il legale: stiamo valutando di chiedere il rito abbreviato. "Ma sarà condizionato". La procura è pronta con la richiesta di processo di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 16 marzo 2015 - Ancora pochi, pochissimi giorni e scadranno i venti a disposizione della difesa dopo il deposito dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari. Poi la procura di Bergamo chiederà il rinvio a giudizio e il tribunale fisserà l’udienza preliminare. Per Massimo Bossetti sarà il primo di una serie di finali di partita, all’ombra e sotto la minaccia del carcere a vita per l’omicidio di Yara Gambirasio.

Sarà un processo pubblico (e spettacolare) in Corte d’Assise? Era questa la volontà dell’indagato. In queste ore affiora l’eventualità di un cambio nella linea difensiva con l’ipotesi di una richiesta di rito abbreviato condizionato, che comporta lo sconto di un terzo della pena. «Per ora – precisa il difensore Claudio Salvagni – è una ipotesi, una possibilità che il codice ci offre. La valuteremo definitivamente all’esito dello studio delle tantissime carte depositate dalla procura. Escludo l’abbreviato secco. Resta da valutare una eventuale richiesta di abbreviato condizionato. Condizionato a cosa non lo so. Fa parte di una strategia che non abbiamo ancora messo a punto».

Nell’avviso depositato il 26 febbraio, quarto anniversario del ritrovamento del corpo della piccola ginnasta di Brembate di Sopra, il pm Letizia Ruggeri contesta, ovviamente, l’omicidio. Yara, colpita «con pugni o corpi contendenti e con uno strumento da taglio e uno da punta e taglio in diverse regioni del corpo», viene abbandonata «agonizzante». Due le aggravanti. La prima è «di avere adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà»: un’aggravante da ergastolo. La seconda è quella di avere agito in ore serali-notturne, in un luogo isolato, un adulto contro un’adolescente di tredici anni. Al muratore di Mapello viene contestata anche la calunnia nei confronti di Massimo Maggioni, suo collega di lavoro nel cantiere di Palazzago: in un interrogatorio, Bossetti aveva invitato a indagare sul suo conto.  Indecifrabile Bossetti. Personaggio che pare racchiudere e offrire più volti. Quello del detenuto che dopo nove mesi non smette di gridare la sua estraneità, che nel memoriale pubblicato dal nostro giornale scrive: «Potevo dichiararmi colpevole per avere la televisione in camera? Dovevo patteggiare un qualcosa di vergognoso che non mi ero mai sognato di commettere, per avere una cella migliore? Ma siamo matti?». O il padre che indirizza lettere tenerissime ai tre figli e assicura: «Ve lo prometto, staremo sempre insieme, sempre uniti».

Oppure il vero Bossetti è un altro? Per la seconda volta il tribunale del Riesame di Brescia ha respinto l’istanza di scarcerazione. È di Bossetti il sangue che ha macchiato gli slip e i leggings della piccola Gambirasio. Gli appartiene il Dna nucleare che ne è stato ricavato. I giudici bresciani ribadiscono la terribile convinzione che Massimo Bossetti è l’uomo che, la sera del 26 novembre del 2010, ha assalito Yara, l’ha ferita ed è rimasto, in contemporanea, ferito a sua volta, l’ha abbandonata a una lunga agonia, fino al decesso per ipotermia e per le lesioni patite.