Caso Yara, valida la prova del Dna: "Bossetti uccise perché respinto"

I giudici d’Appello: delitto di un vigliacco. "E la superperizia è inutile"

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 17 ottobre 2017 - Massimo Bossetti ha ‘commesso l’omicidio di Yara Gambirasio, aggravato dall’avere adoperato sevizie ed agito con crudeltà’. In 380 pagine Enrico Fischetti, presidente della Corte d’assise di appello di Brescia, motiva la sentenza che lo scorso 17 luglio ha confermato l’ergastolo a Massimo Bossetti per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra. Il suo terribile comportamento ‘si sostanzia in sofferenze non necessitate inflitte alla vittima con lo specifico intento di vederla soffrire e di avere agito con crudeltà’, dando così prova ‘di un’indole malvagia, priva del più elementare senso di umana pietà’. Ha colpito più volte, con azione prolungata, ‘vigliaccamente e senza alcun segno di ravvedimento’.

Ha agito ‘vigliaccamente nei confronti di una ragazzina indifesa, aggredita per motivi sicuramente spregevoli’, ‘lasciata morire in preda a spasmi e inaudite sofferenze in un campo abbandonato e lontano a causa del freddo e delle ferite’. Bossetti ha poi ‘continuato a vivere con assoluta indifferenza rispetto al grave fatto commesso e ha continuato a manifestare, a tre anni di distanza, interessi sessuali verso tredicenni’ come provano le ricerche sul suo computer. Quanto al movente ‘può essere circoscritto nell’area delle avances sessuali respinte, della conseguente reazione dell’aggressore a tale rifiuto unita al sicuro timore dello stesso di essere riconosciuto’. Contro Bossetti non solo la ‘granitica prova genetica diretta’, ma anche ‘un coacervo organico, univoco e armonioso’ che consente ‘di giungere a una sicura affermazione di responsabilità dell’imputato’. 

Il dna, pietra miliare dell’accusa. La nuova perizia chiesta dalla difesa non può essere eseguita perché il materiale è consumato, ma non è assolutamente un esame necessario. ‘Quello che è certo – scrive il presidente estensore – è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazioni’ e quindi una eventuale perizia ‘sarebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull’operato del Ris’. Il ‘profilo genetico’ di Ignoto 1 rimasto sulla vittima coincide con quello del muratore di Mapello. La presenza del Dna nucleare è stata riscontrata in 71 tracciati su 104 e per 71 volte ‘ha fornito l’impronta genetica della stessa persona (Bossetti)’. Si tratta di sangue ed è il segno di una aggressione. Il castello difensivo ha trovato un punto di appoggio nell’assenza nella traccia del dna mitocondriale dell’imputato. 

Le motivazioni ricordano che il mitocondriale individua non il singolo individuo ma la linea di ascendenza materna e ‘avendo a disposizione il Dna nucleare, la ricerca a fini identificativi del dna mitocondriale è inutile’. Nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010 Bossetti non è né a casa né al lavoro. Dalle 17.45 il suo telefonino è spento e lo rimarrà fino alle sette del mattino dopo. La sera rincasa più tardi I giudici bresciani non hanno dubbi che l’imputato si trovi nella zona della palestra a bordo del suo autocarro Iveco Daily, celestino, tanto da apparire chiaro nei video della zona che lo riprendono. Mai, né nell’immediatezza né in seguito, Bossetti riferisce alla moglie e ai familiari come abbia trascorso quel pomeriggio. Polvere di calce su Yara e sulle sue ferite. Sul giubbotto e i leggings fibre che riportano ai sedili del furgone di Bossetti. 

Il nome di Yara entra in una inchiesta della polizia postale del Trentino Aldo Adige. Nel pc di uno dei arrestati, un uomo di 53 anni di Rimini, è stato trovato una dossier di 40 pagine sulla ragazza, con fotografie accanto a preghiere blasfeme e filastrocche