Uccisa dal marito a Busto, il legale dell’operaio killer: "Ha colpito per un raptus"

L’autopsia conferma: Diana uccisa da quindici coltellate

Muhamed e Diana Vrapi in un momento felice

Muhamed e Diana Vrapi in un momento felice

Busto Arsizio (Varese), 17 giugno 2017 - «Il mio cliente è reo confesso. Dopo l’omicidio non è scappato, è rimasto in casa. Il suo è stato un raptus. Per il resto è ancora presto. Domattina ci sarà l’interrogatorio per la convalida dell’arresto in carcere». Sono queste le parole dell’avvocato Fabio Ronzoni, il difensore di Muhamed Vrapi, il sessantaduenne che mercoledì pomeriggio ha ucciso a colpi di coltello la moglie Diana Vrapi Koni, 52 anni, nella casa di via Goito a Busto Arsizio dove abitavano. Ieri pomeriggio è stato conferito l’incarico per l’autopsia, eseguita contestualmente e che confermerebbe la morte della cinquantanduenne in seguito a una quindicina di fendenti con cui l’uomo l’ha ripetutamente ferita al torace.

Le indagini della procura bustocca, coordinate dal sostituto Maria Cristina Ria, si concentreranno ora sui rapporti tra marito e moglie, avvalendosi del contribuito dei tre figli della coppia e della sorella della vittima, oltre che delle testimonianze degli amici più stretti e dei vicini di casa. Arrivati in Italia giovanissimi Diana e Muhamed si sono dati da fare. Dopo un primo periodo di fatiche per arrivare a fine mese, i due hanno trovato lavoro. Lui, operaio stimato dai colleghi per le sue precisione e applicazione, lei badante apprezzata dalle famiglie che gli avevano affidato parenti che ha sempre trattato con dolcezza e premura, hanno lavorato sodo, senza mai risparmiarsi.

Nel tempo, arrivati i figli, i primi risparmi sono stati investiti acquistando tre case. I loro sacrifici sono stati ripagati con una nuova vita, fatta di una “agiatezza” senza pretese ma salda, atta a garantire a tutta la famiglia un vivere più che dignitoso. Cosa però sia successo nel corso del tempo dentro le mura di quella casa, resta ancora un mistero da svelare. All’apparenza famiglia felice; madre, padre e tre figli potrebbero però aver vissuto con visioni divergenti il senso di “appartenenza” a un ceppo comune. Gli investigatori saranno chiamati a capire se il capofamiglia, apparentemente non particolarmente amato dai figli (che sono stati visti in lacrime sui marciapiedi di via Goito, il giorno dell’assassinio), fosse solo un “uomo di polso vecchio stampo” o avesse anche un carattere prevaricatore e potenzialmente violento.