Strage Samarate: il terrore di difficoltà economiche trasforma un padre in omicida

Perquisito lo studio dell’arrestato. Le autopsie: ha infierito su moglie e figlia con un martello

Alessandro Maja, 57 anni

Alessandro Maja, 57 anni

Samarate (Varese) -Sono state le martellate inferte con inaudita violenza a uccidere Stefania Pivetta, 56 anni e la figlia Giulia, 16 anni. Le autopsie di ieri svolte all’ospedale di Legnano, hanno confermato i danni causati dai colpi alla testa e al volto tramite un martello.

Le due vittime sono state uccise dentro la loro villetta di via Torino a Samarate dove la famiglia viveva dal 1999. Nulla trapela ancora sui test tossicologici effettuati. Gli inquirenti vogliono sapere se madre e figlia fossero in stato di alterazione durante il sonno, fase nella quale è avvenuta l’aggressione da parte di Alessandro Maja, il padre 58enne. La prima ad essere colpita, la moglie Stefania Pivetta assopita sul divano. Poi la furia si è scatenata contro la figlia sedicenne. Infine su Nicolò, 23 anni, l’unico scampato alla strage che riporta sul corpo gli stessi traumi delle vittime decedute ed è ricoverato in gravissime condizioni in ospedale a Varese dov’è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Nicolò, secondo quanto emerso finora dalle indagini, sarebbe stato colpito ripetutamente alla testa con lo stesso martello usato per uccidere madre e figlia, e non è escluso che sia stato ferito anche con l’uso di un trapano e forse di un cacciavite.

Il movente. Perde corpo, agli occhi degli investigatori, l’ipotesi di una prossima separazione come motivo scatenante del drammatico gesto. Potrebbe essere invece stato il terrore di perdere uno stile di vita, una sicurezza economica – che, però, non pare fosse realmente in bilico – ad alimentare i demoni del geometra milanese. Il cinquantasettenne è ancora ricoverato nel reparto di Psichiatria del San Gerardo di Monza. Se le sue condizioni miglioreranno, è possibile che il gip di Busto Arsizio, Luisa Bovitutti, fisserà un nuovo interrogatorio di garanzia per la prossima settimana. Solo allora, forse, sarà possibile comprendere cosa abbia animato la brutalità di quest’uomo.

Nella villa di via Torino i carabinieri hanno trovato ancora infilato nella presa elettrica un trapano, che avrebbe usato per causarsi ferite ai polsi e all’addome nel tentativo mal riuscito di suicidarsi. Ieri a Milano, invece, i carabinieri hanno perquisito la sede del “Maja Group“, lo studio di progettazione del cinquantasettenne, che a volte si fermava anche a dormire tra quelle mura. Martedì i vicini lo avevano visto trasportare scatoloni insieme al figlio. Chissà che non si trovi qualche elemento interessante tra pc e documenti.