Strage di Samarate, il killer: notti insonni prima della mattanza, era come cadere a fondo

La ricostruzione di Maja: non c’erano problemi né con mia moglie, né con i figli. I debiti? Un'ossessione amplificata anche "dai costi delle bollette"

Alessandro Maja

Alessandro Maja

Busto Arsizio (Varese) - Il massacro è stato preceduto da una serie di notti insonni, trascorse a vagare per le stanze della villetta in via Torino a Samarate mentre moglie e figli dormivano, la mente in preda alle ossessioni e al terrore di "trascinare la famiglia nella rovina". Quella di martedì 3 maggio, secondo il racconto del geometra Alessandro Maja, era "una sera come tante", senza litigi o particolari discussioni. "Abbiamo cenato tutti insieme – ha spiegato – poi ho lavato i piatti. Mia moglie si è addormentata sul divano, i miei figli sono andati nelle loro stanze. Io ho provato a dormire ma non sono riuscito a prendere sonno, camminavo per la casa".

Rispondendo alle domande del gip di Busto Arsizio Piera Bossi, ieri Maja ha ripercorso per la prima volta quella notte da incubo fino alle 4 del mattino quando, armato di martello e trapano, ha ammazzato la moglie Stefania Pivetta e la figlia 16enne Giulia, per poi ridurre in fin di vita il figlio maggiore Nicolò. "Non riesco a darmi una spiegazione, non capisco perché l’ho fatto. Sono stato preso da un impulso incontrollabile e ho preso il martello. Non doveva succedere". Prima ha colpito la moglie, addormentata sul divano. Poi si è accanito sulla figlia e infine sul figlio, l’unico sopravvissuto, in pochi istanti di furia cieca. "Quando mi sono reso conto – ha riferito – ho cercato di uccidermi. Sono rimasto a terra per ore, nel sangue".

Flash che riaffiorano nella memoria dell’uomo, che resta ricoverato all’ospedale San Gerardo di Monza. Poco dopo le 11 Maja è comparso davanti al gip Bossi e al pm Carlo Alberto Lafiandra, assistito dai suoi difensori, gli avvocati Enrico Milani e Sabrina Lamera, che hanno chiesto una perizia psichiatrica. Ha cercato di informarsi sulle condizioni del figlio, ancora in prognosi riservata all’ospedale di Circolo di Varese. Per 10 minuti l’interrogatorio, nella stanza dell’ospedale, è stato interrotto, perché Maja era troppo scosso per rispondere. Poi, per circa un’ora e mezza, l’uomo ha cercato di spiegare l’origine delle ossessioni esplose circa un mese fa, negando di aver pianificato il massacro.

"Non c’erano problemi con mia moglie o i miei figli – ha raccontato – ero preoccupato per i debiti e per problemi, legati alla mia attività, che mi sembravano insormontabili. Ero in preda all’ansia e all’angoscia, non riuscivo più a dormire e mi sembrava di cadere sempre più a fondo". Ossessioni amplificate, oltre che dalla crisi affrontata durante la pandemia, anche dai "costi crescenti delle bollette" e dalle spese. "Mi sentivo un fallito, avevo il terrore di finire sul lastrico, di perdere la casa e di trascinare la mia famiglia nella povertà". Problemi economici, forse ingigantiti dalla sua mente, al centro anche degli accertamenti dei carabinieri su conti e documenti dello studio. Anche su consiglio di moglie e figli, preoccupati per il suo stato di prostrazione, Maja si era deciso a rivolgersi a uno psicoterapeuta e a chiedere aiuto. Ormai, però, era troppo tardi.