ROSELLA FORMENTI
Cronaca

Il mais antico e il sogno di Daniele Noè: “La mia azienda nata da due piantine, ora ne produco 100 quintali”

“Tutto è partito da bambino con una storia raccontata da mio zio. Poi gli studi, la laurea e la ricerca. L’agricoltura non è il passato ma servono fondi”

Daniele Noè con la fidanzata Daniela Curatolo i chicchi di mais Marano nel palmo della sua mano

Daniele Noè con la fidanzata Daniela Curatolo i chicchi di mais Marano nel palmo della sua mano

Dairago (Varese), 15 giugno 2025 – Un sogno coltivato da bambino: fare l’agricoltore. E Daniele Noè, 33 anni, l’ha realizzato creando nel 2015 l’azienda agricola Auris, a Dairago, specializzata nella coltivazione del mais Marano e di grani pigmentati, varietà caratterizzate dalle colorazioni dei chicchi, dal blu al viola, ricchi di antiossidanti naturali con particolari proprietà nutritive e salutari.

Daniele Noè
Daniele Noè

Un’attività che ha obiettivi importanti: produrre cereali e farine di qualità e rispettare l’ambiente attuando l’agricoltura conservativa e rigenerativa, migliorando allo stesso tempo la fertilità dei terreni. Fondamentale nel progetto di Auris, condiviso con Daniela Curatolo, fidanzata del giovane agricoltore, la collaborazione con l’Università di Torino e alcuni centri di ricerca italiani e stranieri. Daniele Noè si racconta.

Com’è nata la sua passione per l’agricoltura?

“Tutto è cominciato ascoltando da bambino una storia che raccontava mio zio Pietro Ceriotti, panettiere: riguardava un tipo di mais, il Marano, una varietà antica, dal quale si otteneva un tempo una farina eccellente per la polenta che si caratterizzava per il gusto e anche per l’intenso colore giallo. Quel tipo di mais era scomparso e questo mi aveva colpito, così con lo zio cominciai la ricerca di semi, avevo un’idea ben chiara in testa, recuperare la coltivazione del Marano”.

Come un’avventura per lei bambino, alla ricerca “del mais perduto”...

“La ricerca non è stata facile, ma alla fine riuscimmo a trovarlo: il momento per me più atteso la semina nel campo, di quello che per me, a 12 anni, era un piccolo tesoro ma l’annata, il 2003, con la grande siccità non mi agevolò, dunque non raccolsi nulla, neppure un chicco. Potevo aver perso ogni seme, ma non fu così perché a casa avevo conservato nell’orto due piantine che invece mi permisero di avere a disposizione i semi per ritentare. Quelle due piantine sono all’origine del mio progetto di recupero e valorizzazione del Marano, oggi la produzione arriva a 100 quintali all’anno”.

Da quel primo esperimento agricolo poi come è proseguito il suo cammino?

“Studiando. Dopo il diploma di tecnico agrario ho conseguito prima la laurea triennale in Agrotecnologie per l’Ambiente e il Territorio con una tesi su una serra fotovoltaica brevettata da me, quindi la laurea magistrale in Scienze Agrarie, con specializzazione in Tecnologie dei Cereali, approfondendo il tema dell’effetto della macinazione (a pietra e a cilindri) su varietà di frumento ad alto contenuto di composti bioattivi. Nel frattempo ho effettuato viaggi all’estero per approfondire le mie conoscenze in centri di ricerca europei mentre avevo già avviato le mie coltivazioni di cereali. Nel 2015 ho fondato l’azienda agricola Auris e continuo a mantenere rapporti importanti con università e centri di ricerca nel campo dell’agricoltura, un’attività che svolta con sistemi e tecniche ecosostenibili tutela l’ambiente e salvaguarda terreni che diversamente sono a rischio cementificazione”.

Che cosa caratterizza l’agricoltura della sua azienda?

“Oggi Auris si distingue per la sua attività ecosostenibile, per la ricerca di cereali rari ed esclusivi e l’uso di tecnologie di trasformazione innovative, per la continuità nei controlli, dalla semina alla macinazione, elementi che definiscono la qualità delle nostre farine per panificazione, per la produzione di pasta, biscotti, dolci. E non c’è nulla di più bello che vedere i nostri cereali rivivere in questi prodotti. Importante è anche la parte delle coltivazioni che non ha fini produttivi ma è al servizio della sperimentazione di cereali e al miglioramento della fertilità del terreno”.

Quali sono le difficoltà che oggi incontra un giovane agricoltore come lei, con lo sguardo aperto sul futuro che vuol dire impegno nella ricerca e nella sperimentazione?

“Innanzitutto la scarsa attenzione delle istituzioni, la mancanza di fondi, di sostegno economico necessario per promuovere e realizzare progetti che aiutino a migliorare l’agricoltura come attività ecosostenibile che non sfrutta terreni, non altera l’ambiente ma lo tutela. Per quanto mi riguarda non ho mai ricevuto un centesimo, ho fatto investimenti, perché credo nel mio progetto, faccio sacrifici e vado avanti. E poi c’è la difficoltà ad ottenere in affitto per lunghi periodi campi da coltivare dai proprietari, in agguato c’è sempre la concorrenza della cementificazione con aree che diventano edificabili. Bisogna far comprendere che l’agricoltura non è il passato, ma è il futuro e insieme natura e paesaggio da tutelare, è quello che cerco di trasmettere con la mia attività dimostrando che anche dai terreni nell’Alto Milanese si possono ottenere prodotti agricoli di qualità”