Omicidio di Jerago: insulti omofobi su WhatsApp, il mistero del telefono rubato

Indagini sulla rapina denunciata nelle scorse settimane dall'impiegato strangolato in casa. Forse un collegamento con l'omicidio

I familiari di Claudio Silivestri davanti  alla villetta

I familiari di Claudio Silivestri davanti alla villetta

Jerago con Orago, 7 agosto 2016 - Claudio Silvestri era appena tornato da una crociera nel Mediterraneo. Agli amici che lo hanno incontrato nei giorni scorsi è apparso sereno, non avrebbe raccontato di avere particolari problemi. Ma un paio di mesi fa era già avvenuto un brutto episodio, un primo segnale preoccupante.

Claudio era stato picchiato e rapinato della macchina, del telefono cellulare e del portafoglio, pare in un parcheggio nei pressi del Maga utilizzato per incontri clandestini, frequentato anche da bande specializzate in rapine a omosessuali. Nei giorni successivi erano arrivati sul gruppo WhatsApp della sezione locale della Lega Nord (Claudio era un militante leghista) messaggi dal contenuto omofobo inviati dal suo numero di telefono, in un italiano sgrammaticato. Da subito è stato chiaro che sono stati inviati da un’altra persona, in possesso del telefono, perché Claudio Silvestri aveva uno stile di scrittura inconfondibile. Messaggi con frasi come «brutto gay, lo sappiamo...». A un certo punto gli invii sono cessati, e i conoscenti hanno smesso di preoccuparsi. Nella notte tra giovedì e venerdì, però, il 41enne, impiegato nell’area cargo dell’aeroporto di Malpensa, è stato strangolato nella villetta a due piani, in via Vittoria, dove viveva con la madre. I due episodi - l’aggressione con rapina e l’omicidio - potrebbero essere collegati. L’ipotesi che Claudio fosse finito in un "brutto giro", forse vittima di qualcuno che stava approfittando di lui, era già circolata da tempo tra i conoscenti.

Ex segretario della sezione locale del Carroccio, Marco Pirola conosce bene la vittima, anche perché anni fa si sono avvicinati insieme alla militanza leghista. "Il giorno in cui è avvenuto il furto dell’auto avevo un appuntamento con Claudio - racconta - per andare al comizio di Salvini a Gallarate. Lo avevano picchiato con molta violenza, aveva un occhio tumefatto e contusioni al braccio e alla spalla. Piangeva e diceva: “bastardi, hanno rubato la mia macchinina“, mi ha chiesto se era possibile avere un duplicato della tessera da militante. Su quell’episodio ci aveva dato tante versioni diverse - prosegue - poi sono iniziati ad arrivare i messaggi su WhatsApp. È strano che chi commette una rapina si metta a scrivere insulti ad altre persone, con il rischio di farsi scoprire". La soluzione del rebus, quindi, potrebbe essere nascosta nelle settimane trascorse dall’aggressione all’omicidio. Intanto ieri mattina un mazzo di fiori gialli è stato deposto davanti alla villetta in via Vittoria, dove i carabinieri hanno effettuato un nuovo sopralluogo.