
di Lorenzo Crespi
Pubblicare uno studio su riviste scientifiche del calibro dell’American Journal of Hematology o del Journal of Clinical Oncology è un’evenienza che capita una o due volte nella carriera di un professionista. Un caso ancora più raro se l’autore è un medico ospedaliero, che non ha quindi la ricerca come attività primaria. Eppure è capitato a due ematologi varesini, Marco Salvini e Michele Merli, il cui nome compare in due articoli pubblicati nelle sopraccitate riviste. Il primo articolo, a firma del dottor Marco Salvini, è dedicato a uno studio sulla risposta immunitaria alla vaccinazione anti Covid-19 in 365 pazienti con neoplasie ematologiche, cioè leucemie, linfomi e mieloma: una popolazione di pazienti fragili. "Lo studio, che abbiamo condotto in Ematologia, si è svolto in collaborazione con il professor Paolo Grossi, direttore delle Malattie Infettive - spiega il dottor Salvini - e con il Laboratorio di Microbiologia, il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università dell’Insubria e l’Irccs MultiMedica". Dallo studio è emerso che l’80% dei pazienti riesce a produrre anticorpi dopo la vaccinazione e le dosi booster consentono di generare una risposta immunitaria in circa un terzo dei pazienti che non hanno risposto al primo ciclo vaccinale. "Da un punto di vista clinico - sottolinea l’autore dello studio - è stato dimostrato che la vaccinazione riduce la durata, la severità e la mortalità del Covid-19 nei pazienti con neoplasia ematologica sottoposti a vaccinazione". "Fin da inizio pandemia l’Ematologia - commenta il direttore, professor Francesco Passamonti, in collaborazione con i colleghi dell’Asst Sette Laghi, ha lavorato per prevenire il Covid-19, curarlo al meglio e poter continuare le cure dei pazienti ematologici". Il secondo articolo, pubblicato dal dottor Michele Merli, riporta invece i risultati di una ricerca coordinata insieme al professor Luca Arcaini dell’Università di Pavia. Lo studio ha incluso 40 pazienti affetti da linfomi non-Hodgkin indolente e infezione attiva da virus dell’epatite C, trattati con terapia antivirale Daa. Ebbene nel 45% dei casi, in seguito all’eradicazione del virus, si ottiene anche una risposta a livello del linfoma.