LORENZO CRESPI
Cronaca

Crespi e il monastero di Gornate: "Pensava fosse un rudere. Poi s’innamorò di Torba"

Il vicepresidente del Fai ripercorre il legame di Giulia Maria Crespi con Varese: il monastero fu la prima acquisizione del Fondo per l’ambiente nel 1977.

di Lorenzo Crespi

Era molto forte il legame di Giulia Maria Crespi con il Varesotto. La fondatrice del Fai, scomparsa domenica a 97 anni, amava tornare nella casa di Biumo di proprietà del marito Guglielmo Mozzoni, che era cresciuto a Varese. E dalla provincia dei sette laghi prese il via la storia del Fondo ambiente italiano, con il primo di una lunga serie di beni aperti in tutta Italia. Nel 1977 proprio Giulia Maria Crespi acquistò il Monastero di Torba a Gornate Olona per donarlo al Fai. Iniziò un’avventura lunga più di 40 anni. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente esecutivo del Fai Marco Magnifico.

Cosa ricorda di quel momento così importante?

"In quegli anni non facevo ancora parte del Fai, ma partecipai quasi per caso all’inaugurazione a Torba. Lei si era innamorata del silenzio di quel luogo ed era stata molto generosa nello stanziare i soldi per restaurarlo. Quando l’architetto Renato Bazzoni (altro fondatore del Fai, ndr) le propose di acquistare Torba lei disse che era un rudere, ma poi all’inaugurazione ammise di essersi sbagliata e che Bazzoni aveva ragione. Ha sempre seguito Torba con attenzione ed era molta contenta degli scavi fatti negli ultimi anni".

Qual è il ricordo legato all’acquisizione di Villa Panza?

"Il conte Giuseppe Panza, che era mio zio, mi chiamò e mi informò della sua volontà di regalare la villa al Fai. Allora la chiamai e lei mi disse: ‘Come facciamo a dirgli di no?’ Per essere convinta di qualcosa doveva sempre dire di no, in modo che poi ci fossero sufficienti motivi per cambiare idea. E se poi cambiava idea ne era ancora più convinta. Fu lei ad avere l’intuizione di invitare per l’inaugurazione a Varese Carlo Azeglio Ciampi. Fu la prima volta che un presidente della Repubblica mise piede in una proprietà del Fai".

Lei ha collaborato tanti anni con Giulia Maria Crespi: qual è il ricordo del vostro rapporto professionale?

"È stata un’esperienza entusiasmante e molto faticosa, proprio perché era una donna molto impositiva che cominciava sempre con un no. Lei voleva convincere chi aveva di fronte che le sue idee erano migliori di quelle del suo interlocutore, ma ascoltava sempre con molto interesse ed era pronta a modificare le sue idee in un fortissimo tira e molla. Il meccanismo era sempre questo, e alla fine la decisione era sempre di squadra. Non era dispotica, anzi era molto democratica, le interessava il parere di chiunque, dal tassista al ministro. Era pronta a bacchettare i potenti e ci ha aiutati a uscire da quell’aspetto elitario che il Fai aveva".

E qual è invece il ricordo del rapporto personale con lei? "Ricordo di averla conosciuta sul Monte Monarco quando da ragazzi facevamo delle “varesate“. Suo marito Guglielmo Mozzoni organizzava passeggiate sfinenti nella neve e le chiamavamo appunto varesate. La conobbi in una di quelle occasioni. Il Varesotto le era molto caro, passò un’estate nella casa del marito a Biumo e diceva che questo territorio è una meraviglia che deve essere conosciuta da tutti".

A 40 anni di distanza cosa resta di quella sua visione lungimirante, non solo per il Fai ma per tutta la cultura italiana?

"Resta il fatto che lei non predicava le idee ma le praticava, e praticandole insieme a noi ha aiutato a diffondere negli italiani un atteggiamento nei confronti di storia, paesaggio e ambiente che 40 anni fa non c’era. La battaglia è ancora lunga: non è un lavoro di un gruppo di privati, deve essere un lavoro di tutti gli italiani. Nessun italiano deve essere escluso dalla difesa del paese più bello del mondo. Il bicchiere della Crespi era sempre pieno, quindi ottimismo per favore, perché abbiamo tantissimo lavoro da fare".