Boschi della droga, gerarchie militari e punizioni mortali: come funziona lo spaccio

La mappatura delle aree fra Varesotto e Comasco diventate quasi inaccessibili: un mercato inesauribile di hascisc e cocaina

Uno dei blitz nei boschi della droga

Uno dei blitz nei boschi della droga

Castelveccana (Varese) - Sono oltre una cinquantina i boschi tra Como e Varese ormai in mano agli spacciatori, la metà dei quali a ridosso del confine non per caso visto che la metà dei clienti dei pusher arriva dalla vicina Svizzera. Le forze dell’ordine sono perfettamente al corrente del problema, tanto che l’estate scorsa se ne parlò nel corso di un vertice a Milano tra il prefetto del capoluogo, Renato Saccone, i colleghi delle province di Varese e Como e i vertici di polizia, carabinieri e Guardia di Finanza. Proprio come a Rogoredo a dettare legge qui sono le bande di marocchini armati fino ai denti anche con revolver, fucili e kalashnikov che non esitano a utilizzare per difendere le loro zone di spaccio, spesso anche nelle liti tra di loro.

Negli ultimi anni le forze dell’ordine hanno sequestrato oltre 330 chili di hascisc, 170 di cocaina e una cinquantina di armi comprese quelle quelle da fuoco, effettuato un centinaio di arresti ma nonostante l’impegno i boschi bonificati dopo poco tornano in mano ai delinquenti.

Organizzati come dei militari in base a una precisa scala gerarchica al cui vertice ci sono i capoarea, membri di una sorta di cupola che si occupa dell’acquisto della droga all’ingresso e della spartizione delle diverse zone di spaccio.

A esercitare il ferreo controllo sui singoli boschi ci pensano i luogotenenti che vivono sul posto, nascosti anche per settimane in tende e grotte, aiutati dalle sentinelle e dai "sottomessi" che sono tossicodipendenti, spesso italiani, divenuti loro malgrado schiavi dei marocchini. In cambio di una dose gratis o di denaro i "sottomessi" aiutano gli spacciatori procurando loro il cibo, ospitandoli e spesso facendo da tramite nella consegna della droga con i clienti che magari si fermano ai margini del bosco.

Una vera e propria organizzazione criminale talmente potente da far arrivare i pusher direttamente dal Marocco e rimandarli indietro quando non lavorano bene o sono compromessi. A qualcuno è finita anche peggio come il marocchino di 35 anni che la mattina del 6 giugno scorso è stato soccorso da alcuni automobilisti che stavano percorrendo la strada che costeggia il bosco in via San Clemente a Cerro Maggiore. Un connazionale gli aveva appena esploso una decina di colpi di arma da fuoco alle gambe e non l’aveva finito solo perché era riuscito a scappare in strada.

Un mese prima, a maggio a Lonate Pozzolo sulla superstrada per Malpensa fu trovato il cadavere di 22enne marocchino torturato a morte. E un mese prima nel Bosco del Rugareto a Rescaldina un altro marocchino era stato freddato con un colpo d’arma da fuoco. Pochi giorni dopo tra Rescaldina e Castellanza un pakistano era stato invece ferito con un coltello. Il 27 gennaio a Biandronno un altro giovane marocchino è stato colpito al petto in via Cairoli, sulla strada che dal paese arriva a Travedona.

"Abbiamo segnalato più volte lo spaccio di droga in questa zona e la nostra Polizia locale ci sta lavorando da mesi, ma non se ne viene a capo e il problema persiste, qui come in altre località del territorio" aveva spiegato il sindaco Massimo Prorotti.