
Stefano Binda
Varese, 6 luglio 2017 - Patrizia Bianchi giorno zero. Faccia a faccia con Stefano Binda. L’udienza di domani in Assise a Varese, per l’omicidio di Lidia Macchi sarà interamente dedicata a lei, unico teste della giornata: la donna che con le sue dichiarazioni ha segnato la svolta nelle indagini e costituito il caposaldo dell’accusa nei confronti di Stefano Binda. Per avere ricordato che la poesia di Pavese, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, trovata nella borsetta accanto al cadavere della vittima, era un “cavallo di battaglia” di Stefano. Soprattutto per avere riconosciuto, nel 2015, la sua grafia in quella della prosa anonima “In morte di un’amica”, recapitata alla famiglia Macchi, il 10 gennaio del 1987, il giorno dei funerali di Lidia. Uno scritto attribuito all’assassino. Si guarderanno in viso a pochi passi di distanza, si rivedranno dopo molti anni, gli anni giovanili cementati da una strettissima frequentazione e dalla comune militanza in Comunione e Libeazione. Il tempo in cui Patrizia era innamorata di Stefano («ne ammiravo profondamente cuore, anima ed intelligenza»), senza speranza, respinta dopo il primo, unico bacio. Ancora nel 2008, confidva però a don Giuseppe Sotgiu il desiderio di rivederlo, ma il prete, amico comune, l’aveva dissuasa perché Stefano era caduto nella tossicodipendenza. Anche per il processo è una sorta di ripartenza, comunque uno snodo importante. Nell’ultima udienza ha deposto Pietro Catania, per tre anni, dal 1990 al ’93, sentimentalmente legato alla Bianchi. In due occasioni, ha spiegato Catania, Patrizia gli disse di dubitare di Binda come autore dell’assassinio di Lidia Macchi, massacrata con 29 coltellate la sera del 5 gennaio dell’87, nella zona di Cittiglio. Catania ha parlato dell’ex fidanzata come di una donna «dall’atteggiamento particolare, cresciuta in un contesto familiare particolare, segnato dal rapimento e dall’uccisione del nonno». Il presidente della Corte d’Assise, Orazio Muscato, gli ha rivolto una domanda precisa: «C’era un elemento di acrimonia? Che atteggiamento aveva Patrizia Bianchi verso Binda?».
La risposta: «Non è il termine tecnico medio più corretto, ma nel linguaggio comune si potrebbe parlare di ossessione. Patrizia aveva due relazioni, una prima di me e l’altra mentre eravamo insieme, delle quali non parlava, mentre Binda era molto presente nei suoi discorsi». E oggi, ha chiesto il difensore Patrizia Esposito? «Oggi ho motivo di dubitare di tante cose che Patrizia mi aveva detto. Sull’omicidio Macchi, ai miei occhi, mancano le ragioni di queste affermazioni». La Corte si è ritirata, per uscire dalla camera di consiglio con una ordinanza che azzerava l’incidente probatorio affrontato da Patrizia Bianchi nel febbraio dello scorso anno. Dopo la testimonianza di Pietro Catania, non verrà ascoltata in aula soltanto sulle circostanze sulle che non le erano state chieste nell’incidente probatorio, ma «su tutte le circostanze utili ai fini del processo». Patrizia Bianchi, oggi cinquantenne, vive a Varese con la famiglia e lavora nella gestione di cooperative di servizi scolastici.