ALESSANDRO LUIGI MAGGI
Sport

Metamorfosi Inter. Dall’incoraggiante “manita“ al Toro all’inatteso scivolone con l’Udinese: "Si lavora per migliorare la squadra»

Chivu non si nasconde e si prende tutte le responsabilità per la sconfitta, la missione resta complessa. La retroguardia è tornata a traballare, in mediana Calhanoglu e Barella non hanno dato impulsi alla manovra. .

Chivu non si nasconde e si prende tutte le responsabilità per la sconfitta, la missione resta complessa. La retroguardia è tornata a traballare, in mediana Calhanoglu e Barella non hanno dato impulsi alla manovra. .

Chivu non si nasconde e si prende tutte le responsabilità per la sconfitta, la missione resta complessa. La retroguardia è tornata a traballare, in mediana Calhanoglu e Barella non hanno dato impulsi alla manovra. .

"Il cantiere non può essere aperto a lungo". La cosa peggiore, dopo l’1-2 interno con l’Udinese, sarebbe stata quella di nascondersi. Di minimizzare. Christian Chivu non lo ha fatto, perché è alzando la pressione sul proprio lavoro che si prendono le redini di una missione complessa. Per molti, impossibile. Il tecnico nerazzurro ha scelto, per ora, di mostrare il petto, confidando in una metamorfosi che deve essere missione: "Qui si tratta dell’Inter e io lavoro per migliorare la squadra e se questa volta non siamo riusciti a portarla a casa la colpa è sempre mia". Dialettica, vera filosofia, lo dirà il tempo.

Intanto resta il ko di San Siro e quel termine che sintetizza tutto: "Difettuccio". L’Inter di Simone Inzaghi, dopo lo Scudetto 2024, è arrivata in fondo a tutto, prima di farsi sfilare poco prima del traguardo. L’abitudine è il nemico, ed è ciò che ha permesso all’Udinese di prendere il sopravvento. Nel confronto tra ciò che ha funzionato, e quello che ha danneggiato, c’è proprio l’abitudine. O, meglio, la consuetudine. La fase difensiva è tornata a traballare una volta trovato il vantaggio, Manuel Akanji dal City è la soluzione del mercato, perchè garantisce esperienza e presenza. Si è parlato tanto della differenza "coppa europea" con il Napoli nella passata stagione, ma la discontinuità, più che nelle settimane, si è verificata sui novanta minuti. Si può chiamarla anche supponenza, di certo l’Inter è ancora partita con il fare della "schiacciasassi", prima di ammutolirsi per troppi minuti e ritrovarsi sotto.

Hakan Calahnoglu, tornato al centro del campo, non ha dato geometrie. Nicolò Barella ha spesso giocato da fermo senza dare impulso alla manovra. Denzel Dumfries, dopo il vantaggio, ha affondato poco a destra, peccando per in occasione del rigore. "Devo affrettare un po’ il processo per far capire quelle che sono le mie idee. non possiamo fare diversamente" osserva Chivu, forse pensando ad un Lautaro troppo lontano dall’area di rigore. Manovra prevedibile, anche perchè rispetto al Torino il baricentro si è abbassato troppo rinunciando a quella pressione che aveva mandato in confusione la retroguardia granata. Petar Sucic ha fallito un primo esame. In un 1-2, che avrebbe potuto essere un 2-2, non può essere tutto da buttare.

Christian Chivu, nel portafoglio delle "sue idee", ha estratto quella metamorfosi tattica che, in fondo, nel finale ha prodotto molto, a parte il vitale gol. Passaggio alle quattro punte, nessun assolutismo tattico. Con Pio Esposito e Bonny al fianco della ThuLa, c’è la volontà di dare fondo ad ogni risorsa senza cercare per forza il doppione. In questo senso, il tempo potrebbe essere d’aiuto. La pausa come laboratorio, il derby d’Italia come primo, già cruciale, banco di prova.

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