
icardi
Milano, 5 luglio 2019 - Da stella ambita e blindata a giocatore in esubero. La parabola di Mauro Icardi ha scarsi precedenti, per come si è sviluppata. Era il capitano della squadra, la stella, il più pagato della rosa (lo è ancora) e il compagno a cui ci si affidava per togliere le castagne dal fuoco. Ora che l'Inter è uscita dalla mediocrità e sta provando a porre le basi per tornare in alto, quello per cui non c'è più posto è proprio l'argentino. Sarà, come mostrato da Wanda Nara ieri su Instagram con un video ad hoc, il più forte, pagato e bravo del mondo, con la manager più desiderata, ma i fatti dicono che non c'è la fila dietro quella porta. Le ragioni non sono tecniche, è chiaro. Persino i maggiori detrattori dell'argentino non possono che riconoscerne le doti da cannoniere, magari con margini di miglioramento solo nella partecipazione alla manovra.
È il contorno che non va. La storia alle spalle, gli scivoloni da cui non è riuscito a staccarsi del tutto. Per questo la Juve ci pensa ma non affonda (e dovrebbe prima cedere Higuain, la cui situazione non è molto differente dalla sua). Per lo stesso motivo nessuno dall'estero si avvicina nemmeno a pagare la clausola rescissoria da 110 milioni valida per i club non appartenenti alla Serie A. È lì da poter sfruttare, non lo ha mai fatto nessuno. Pesano i precedenti. Tanti. Un forte screzio con i tifosi dell'Inter a Reggio Emilia nel febbraio 2015, per una maglia rilanciata indietro dopo un tonfo pesante col Sassuolo. Il racconto di quello stesso episodio in un'autobiografia con parole che avevano fatto infuriare la Curva, tanto da arrivare alla grande contestazione ad personam a ottobre 2016. Il primo «caso Wanda», quando madame Icardi scatenò un putiferio per un mancato rinnovo andando a sedersi al tavolo con De Laurentiis che voleva il giocatore a Napoli (offerta respinta dal club).
E poi la goccia finale, l'ultima, con le reiterate uscite del Wanda-bis, lo scorso inverno, sfociate nel ritiro della fascia e nella clamorosa decisione di auto-sospendersi dal campo per due mesi, tornando solo dopo una mediazione attraverso una figura di garanzia (Paolo Nicoletti). Se ci aggiungiamo che al momento del suo ritorno in Nazionale, dopo quattro anni di esilio, Icardi è riuscito a inimicarsi Messi parlando di presunti problemi nei rapporti con i «senatori», è facile comprendere perché attorno ci sia terra bruciata. Non basta la vita da professionista, sempre puntuale agli allenamenti e senza grandi passioni per le ore piccole. Non basta la tecnica, il senso del gol. Non è sufficiente per i tecnici alla Conte, che gli scudetti li hanno vinti privilegiando Matri-Quagliarella ai nomi altisonanti, ma viene digerito male anche da altri. A 26 anni, con 136 gol tra i pro, essere tra gli indesiderati di lusso è un paradosso tramutato in realtà. Quella di Icardi. © RIPRODUZIONE RISERVATA