
L'Inter regala emozioni forti a San Siro: tra fede e rimpianti, i tifosi vivono una partita indimenticabile.
Mola
Da una parte la contagiosa euforia dei calciatori nerazzurri che urlavano "ma cosa abbiamo fatto!" al triplice fischio di Marciniak, dall’altra l’incredulità e il tormento di chi, poco prima del novantesimo, aveva deciso di lasciare San Siro e ripeteva "ma cosa mi sono perso...". C’è la fede e ci sono gli... “infedeli“. I due volti di una stessa passione: l’orgoglio di chi ci ha creduto fino all’ultimo, il rimpianto di chi in quell’impresa non ci sperava e al minuto ottantotto (subito dopo la rete del 3-2 realizzata da Olmo) si è avviato sconfortato e a passo svelto verso l’uscita. Decine di spettatori dell’anello rosso, ma anche del settore arancio. Cinque minuti per varcare il cancello fin quando dal boato si è capito che la partita, infinita e imprevedibile, stava cambiando ancora. L’Inter aveva appena pareggiato, Acerbi stava correndo per il campo a torso nudo, e quei supporter hanno pensato che valeva la pena tornare indietro maledicendo la decisione di abbandonare il posto in anticipo. Troppo tardi. Gli steward non si sono impietositi di fronte alle suppliche, chi era uscito non poteva più rientrare. Questione di sicurezza. E allora chi non aveva avuto troppa fede, è rimasto lì ad aspettare, ad immaginare, a sperare (anche nella comprensione di chi era ai cancelli). Poi un’altra esplosione di entusiasmo (la rete di Frattesi nel primo tempo supplementare), e un’altra ancora alla fine della partita. Che beffa perdersi la parte migliore di un incontro infarcito di emozioni forti, la punizione più atroce per i tifosi miscredenti. Perché nel calcio, come nella vita, non è mai finita fino a quando non è finita per davvero.
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