"Ho fatto sei volte il giro del mondo su tre ruote e con due stampelle"

Calvini, ingegnere aerospaziale: dieci anni fa la diagnosi di sclerosi multipla, viaggiare dà la forza. Dispensa consigli a chi teme ostacoli e sfata pregiudizi. Il sogno? "Mi mancano l’Antartide e... la luna"

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di Simona Ballatore

Dieci anni fa la diagnosi, spiazzante: sclerosi multipla nella forma primaria progressiva. "La più tosta, avanza senza fermarsi. È stata una botta: tutta la mia vita è cambiata", ricorda Riccardo Calvini, 55 anni, ingegnere aerospaziale che da allora non ha rinunciato alla passione più grande: ha fatto il giro intorno al mondo sei volte, visitato 140 nazioni su 190 e dispensa consigli a chi ha disabilità ed è spaventato dall’idea di mettersi in viaggio. L’ultimo incontro a Malgrate con Fiab-LeccoCiclabile.

Perché viaggiare?

"È un antidoto, un vaccino contro la depressione e i pensieri negativi. Dà la carica. Ho sempre viaggiato tantissimo, mi sono innamorato del volo da bambino quando andavo a prendere in aeroporto mio papà. Credevo di non poterlo fare più".

Cosa la spaventava?

"Prendere un aereo, gli aeroporti sono giganteschi. E invece è stata una delle prime scoperte positive: in tutto il mondo c’è un servizio di assistenza gratuito, messo a disposizione negli aeroporti. E l’Italia è una delle nazioni migliori al mondo in termini di assistenza. Siamo abituati a pensare che tutto va storto...".

Via le barriere e i pregiudizi.

"Sono stato anche in nazioni come il Tagikistan, l’Uganda e i tutto il Sud America. Dove le strutture non sono all’avanguardia per disabili e non ci sono rampe o servizi sopperisce la gentilezza delle persone: in Uganda per entrare in un taxi non attrezzato si è mobilitato un gruppo. In 10 anni di disabilità ho imparato che alla fine l’umanità non è così cattiva o disinteressata".

Non si è fermato in pandemia?

"Ho girato l’Europa in pieno Covid - Germania, Inghilterra, Spagna, Madeira, Norvegia, Bulgaria - quando avvicinarsi alle persone non era scontato e io magari avevo bisogno di una mano: sono partito con un pizzico di incoscienza, ma non ho sempre trovato persone disposte ad aiutare. Mai aver paura di chiedere aiuto. Sono stato a Roma due volte nel ’20 e ’21: giravo con lo scooter elettrico per i Fori imperiali e il centro vuoto, ho visitato i Musei vaticani e la Cappella Sistina senza coda. Una fruizione unica, per fortuna, per chi lavora nel turismo".

Come viaggia?

"Su tre ruote e due stampelle. Nel 2019 ho scoperto Atto, uno scooter elettrico che si piega come un trolley, prodotto da un’azienda di Tel Aviv. Lo riesco anche a portare a bordo e mi ha permesso di superare difficoltà e di percorrere più distanze".

Le mete che le hanno lasciato il segno e quelle dove torna?

"Parto sempre per cogliere il meglio. Nessuna meta mi ha deluso. Certo ci sono posti dove ho lasciato il cuore e torno: l’Australia, per l’atteggiamento delle persone, meno ’ stressato’, per i paesaggi stupendi, dal deserto alla barriera corallina, dalla giungla alle montagne innevate. E ricordo con piacere l’Uzbekistan nel 2018, una piacevole sorpresa: aperta al dialogo tra culture e religioni, con gioielli architettonici, città come Samarcanda, e una cura e un’amicizia estremamente presente anche nei confronti dei disabili".

L’ultimo viaggio?

"Un mese in Turchia, dalla città di Ankara alla Cappadocia, con il suo paesaggio fiabesco. Ho seguito le mongolfiere da terra. Poi a Gaziantep, sul confine siriano col suo museo archeologico dedicato ai mosaici più grandi al mondo. Sono stato tre giorni ad Abu Dhabi a visitare il Louvre degli Emiri. E per riposarmi in Thailandia, a Phuket: il turismo non era ancora ripartito, ero l’unico in un hotel di 270 stanze, mi hanno trattato come un re e organizzato una festa a sorpresa per il compleanno".

Manca solo l’Antartide?

"Sfidante, dal punto di vista logistico, ma sto pensando a una crociera per lambirne le coste. E poi, appena aprono i viaggi spaziali... la luna. Non avrei il problema della forza di gravità. L’importante è porsi sempre obiettivi e andare avanti".