"Mi sono fatto le... risate sul campo di Sagnino"

Il fenomeno Max Angioni dall’infanzia a Ponte Chiasso a Zelig e Italia’s got talent: "Tutto velocissimo, sono “Miracolato” non per caso"

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di Diego Vincenti

Tutti lo cercano. Tutti lo vogliono. Nel giro di un anno e mezzo (ma neanche) Max Angioni è diventato uno dei nomi più amati nel variopinto mondo della comicità: Italia’s Got Talent, Zelig, la seconda stagione di LOL, le Iene. Mica male per questo ragazzo cresciuto a pane e provincia. Cuore comasco e quei pomeriggi lunghi con gli amici. Poi è arrivato il teatro. E il resto è storia. In tv è da poco passato anche "Miracolato", one man show scritto con Alessio Tagliento per la regia di Ester Montalto. Lo scorsa stagione 60 repliche nei teatri.

Ora è di nuovo in giro, dal 30 novembre al 4 dicembre sul palco del Manzoni a Milano.

Max, come sta vivendo questa improvvisa popolarità?

"È stato tutto davvero veloce, non a caso ho intitolato lo spettacolo “Miracolato“. Cerco di avere l’atteggiamento degli allenatori di Serie A dopo che hanno vinto tre a zero contro l’Inter: penso alla prossima partita, il campionato è ancora lungo. Anche se dopo il passaggio su Italia 1 è arrivata un po’ di ansia, devo mettermi a scrivere qualcosa di nuovo".

Quali sono stati i suoi riferimenti?

"Mi viene da dire un paio di nomi che non cito spesso. Il primo è Beppe Grillo, ho visto dei vecchi filmati del suo spettacolo “Reset“ e mi ha colpito come approfondisse sempre argomenti utili, oltre al fatto di far ridere fino a stare male. E poi Benigni, grande comico e grande divulgatore culturale. Ma sento di imparare qualcosa ogni volta che vado a vedere qualcuno a teatro. L’ultimo maestro e il più importante è sempre lui: il palcoscenico".

Che rapporto ha invece con Como?

"In provincia cresci con il desiderio di arrivare presto alla grande città. Io ho vissuto tanto con i miei nonni a Ponte Chiasso, dove ti affacci e vedi la dogana, l’immaginazione viaggia per forza. Se uno invece apre la finestra davanti al Duomo di Milano forse si sente già arrivato, non so. L’adolescenza poi l’ho fatta a Sagnino, dove in pratica c’è solo la chiesa e un campo da calcio. Ma è lì che mi sono fatto le risate più forti, momenti che sono andati a creare il sottotesto dei miei spettacoli. Quando faccio lo scemo sul palco è come se ancora fossi con i miei amici, in quei lunghi pomeriggi di niente".

Quando è nato il desiderio di fare spettacolo?

"Già alle elementari. Ricordo che avevo 78 anni e c’era il Teatro Sociale che faceva un laboratorio a scuola. Io volevo a tutti i costi avere la parte più importante del saggio finale e invece mi diedero solo una battuta: “Andiamo!“. Forse l’episodio mi ha lasciato un sentimento di rivalsa…".

Luogo del cuore?

"Il centro storico di Como. Ma è tutta la città che considero la mia culla. Questa parte del lago è meravigliosa, bisognerebbe solo rendersene conto e comportarsi di conseguenza. Non a caso vivo tuttora a Pognana Lario. E in centro c’era anche la mia prima scuola di teatro, La Lucernetta di Ester Montalto. Ci ho lavorato a lungo, è stata la mia Tana delle Tigri".

La svolta?

"Ero nel cast di Zelig sul digitale terrestre ma non avevamo grande visibilità. Quando stavo per iniziare Colorado si interruppe tutto per il covid. A quel punto ho fatto questa audizione per Italia’s got talent che una volta caricata online divenne virale. È stato il decimo video più visualizzato nel 2021 su youtube. In pratica da un giorno con l’altro passai dai miei cari e fedelissimi 900 appassionati a oltre cinquemila follower. In una notte. Da quel momento si sono scatenate cose inimmaginabili".

Un desiderio per le prossime stagioni?

"Il mio modello è Ricky Gervais. Lui è una macchina. Fa molto ridere ed è sempre preso da mille progetti. Anche Maccio Capatonda è un po’ così. E io vorrei fare come loro, trovare le forze per produrre continuamente nuove cose che mi divertano".