FABRIZIO LUCIDI
Cultura e Spettacoli

I libri, la famiglia, il Giro. Fabio Genovesi a cuore aperto: “Un onore raccontare l’Italia a chi non può viaggiare...”

A tu per tu con lo scrittore innamorato pazzo del ciclismo. "I motivi della crisi del ciclismo italiano? La cultura della fatica è fuori moda e i genitori non vogliono mandare i propri figli su strade troppo pericolose"

Lo scrittore Fabio Genovesi

Lo scrittore Fabio Genovesi

Milano – Alle sue “magnifiche maestre2 ha dedicato un libro. "Un romanzo che si è scritto da solo – ammette candido Fabio Genovesi, scrittore innamorato del ciclismo, affabulatore televisivo e tanto altro –. Stavo scrivendo tutt’altra storia. Poi, un giorno, ho realizzato che di lì a una settimana avrei compiuto 50 anni. Mi ha fatto strano… io non ho famiglia né lavoro fisso, la mia vita è rimasta quella di un sedicenne". Nessuna depressione. Anzi, una meraviglia rivendicata. Quotidiana.

Cosa le hanno insegnato le donne della sua famiglia e le sue zie, come le chiama?

"Mi hanno fatto arrivare più sereno ai 50 anni, ricordandomi sempre che la vita è l’unica cosa che abbiamo, ma non è una cosa seria. È un gioco da giocare bene. Delle donne mi ha sempre affascinato la “forza diversa“. La forza dell’uomo è opporsi, imporsi, quando stanno assieme è come un combattimento tra cervi a cornate, i bimbi li tratti dall’alto in basso...questa cosa mi ha sempre imbarazzato, non sono mai stato maschio alfa né mai ho pensato di diventarlo. I miei zii erano tutti marinai, affascinanti, sembra che anche tu debba diventare così invecchiando; invece, crescendo, è bello diventare una persona e basta. In questo, le donne sono più brave: le lezioni le danno magari con una carezza quando sarebbe più facile dare uno schiaffo. Non mi hanno insegnato mai cosa dovevo o non dovevo fare, ma cosa potevo fare. Con l’esempio. La lezione della vita, data con grazia".

Lei rivendica spesso lo stupore del bambino, l’orgoglio d’esser “strani“, invoca il rispetto per chi non è come noi. Da piccolo ha sofferto dell’incapacità degli altri di accettare l’altro?

"Da ragazzino un poco di più l’ho sofferta, ma “strano“ – sorride – ci nasci. L’umanità la divido tra quelli che da piccoli tifano per la squadra che vince lo scudetto, e chi invece sceglie l’ultima. Poi ce ne sono altri ancora ai quali non frega nulla del calcio. Io fin da piccolo sono stato morbosamente attratto da cose a cui non fregava nulla agli altri. Ma anche se sono scelte sincere, da piccolo diventa un dramma. Poi, quando cresci, lo accetti e poi ti senti grato perché senti che è una risorsa. Mi sono sempre tenuto lontanissimo dalla maggioranza delle persone: andavo ai concerti dove non c’era nessuno, al cinema vuoto per un film, è bello così. È una risorsa eccezionale di cui sono grato al destino. Va bene così. Troppo spesso qualsiasi cosa di nostro lo viviamo come un problema. E allora diciamo: “Non amo uscire ma dovrei sforzarmi perché se no passo per asociale“. Così passiamo il tempo a cercar di risolvere problemi che non lo sono, tanto le persone che ti vogliono bene ti accettano così come sei. Meglio stare con pochi che mi capiscono e che io capisco".

Orgogli e rimpianti?

"Rimpianti non me ne vengono in mente, sono orgoglioso di non aver mai fatto nulla perché mi conveniva farlo o perché piaceva ad altri. Anche nel lavoro so che mi sarebbe convenuto fare altre cose, dare importanza a persone ritenute importanti, ma non ho mai ragionato e vissuto in termini di convenienza. Ho cercato di dare valore al prossimo in base a quanto mi piace".

Come è nato il suo amore bruciante per il ciclismo?

"Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di sfegatati ciclisti, con tanti zii appassionati: nessuno di loro aveva mai visto una partita di calcio. Per me era normale. Crescendo ho fatto mia questa passione...Ancora oggi, mi sembra incredibile essere lì a raccontare in tv Giro e Tour, anche se ormai sono più di dieci anni che lo faccio. Spesso siamo bravi a rovinarci la vita nel non vedere le cose belle che stanno succedendo, io passo le giornate con Pancani, Garzelli, tra campioni del ciclismo. Non devi mai dire “è normale”".

Lo sport più popolare, l’unico che “viene sotto casa tua".

"Sono cresciuto con mia nonna, lei vedeva il Giro d’Italia in tv e diceva: “Non ho mai viaggiato nella vita ma ho visto l’Italia nel Giro d’Italia“. Ecco, raccontare a queste persone l’Italia è un onore che mi commuove".

E lei per chi tifa in questo Giro?

"Mikel Landa, un campione sfortunato, il suo sogno si è infranto alla prima tappa purtroppo. Mi piace anche Ayuso, vedo bene Carapaz anche se pochi lo citano. Ha grande carattere".

E chi tiferà tra Vingegaard e Pogacar al Tour?

"Vorrei mantenermi equidistante, ma tifo molto Pogacar per due motivi: mi piace moltissimo come corre e perché lui c’è sempre. E il ciclismo ha bisogno di persone che ci sono, se no succede come a un altro sport meraviglioso, la boxe, frammentata perché ogni campione difende la sua corona e non si sfidano quasi mai. Pogacar fa bene al ciclismo, il ciclismo quando è vero non deve avere filtri".

Tanti parlano dell’agonia vera o presunta del ciclismo italiano. Mancano i campioni...

"Lo dissi fin da quando si cominciarono a vedere meno talenti italiani. Non è questione di squadre Pro, per me il problema è che mandare figli sulle pericolose strade italiane è troppo pericoloso. Basta parlare con chi ha squadre di ragazzi: prima ne aveva 100, oggi 10. Se prima su 100 trovavi il talento, ora su 10 è molto più dura. Guardiamo alla Spagna, che di solito ha gli stessi sono “acciacchi“: lì se l’automobilista sbaglia ti stracciano la patente. Risultato? Sulle strade, con i ciclisti, sono gentilissimi. Altro problema, in questo momento storico nulla è più fuori moda della fatica che il ciclismo rappresenta. I ragazzi sono attirati dagli agi sfoggiati su Instragram dai calciatori,l’immagine che si dà del mondo è cambiata, tutti - genitori compresi - mirano al lusso, all’esclusivo. Perché pedalare quando puoi sognare un Suv?".

Prossimo romanzo?

"Non ce l’ho in testa. Quindi, per me è un momento stupendo perché hai tutte le possibilità del mondo. Aspetto che il cielo mi mandi la prossima storia, se arriva la prendo volentieri".