Valfurva, Marco Confortola rinuncia alla scalata del Kanchenjunga

Il “cacciatore di 8.000” si ferma

Il furvasco Marco Confortola ha attentamente valutato la situazione decidendo di non procedere nella “marcia” ad alta quota

Il furvasco Marco Confortola ha attentamente valutato la situazione decidendo di non procedere nella “marcia” ad alta quota

Valfurva, 25 maggio 2018 - Rinunciare a qualcosa o qualcuno è sempre difficile. Rinunciare quando sei lì ad un passo, vicino vicino è ancora più ostico. Ma rinunciare per non rischiare è da grandi uomini perché il filo che separa la vita e la morte, in alcuni frangenti, è veramente sottile, quasi invisibile. E portare a casa la pelle è o dovrebbe essere un dovere per qualsiasi uomo. E chi l’ha detto che per centrare imprese epiche si debba superare il limite fino a mettere a repentaglio la vita ? Un certo limite non deve o dovrebbe mai essere superato. Questo è anche il pensiero dell’alpinista “cacciatore di 8000” Marco Confortola che l’ha sempre ribadito in ogni suo incontro coi media o coi ragazzi delle scuole. In poche parole Confortola ha sempre ribadito che «ogni scelta, anche la più estrema, deve essere ponderata». Un modo per dire che oltre un certo limite non si deve proprio andare, perché la montagna non perdona.

E quella di rinunciare a salire sulla vetta del Kanchenjunga, la terza montagna più alta della terra dopo Everest e K2 coi suoi 8586 metri, per Marco, ormai lì a poche centinaia di metri dalla cima, deve essere stata una scelta tanto difficile quanto ponderata. Sulla sua pagina Fb Marco Confortola, alpinista di Santa Caterina Valfurva, dice… «… sono consapevole che la rinuncia che ho fatto a 8000 metri sia stata quella corretta. Chi è salito sul Kanchenjunga l’ha fatto con l’ossigeno e avendo avuto la possibilità di leggere qualche post, ho sorriso pensando a quante persone chiacchierano giusto per far passare una spedizione, un gioco, una rinuncia come fosse un giro in allegra brigata fuori porta. Vi assicuro che un conto è scalare con (l’ossigeno) e un conto è senza... La percezione del corpo cambia, il freddo cambia, il ritmo cambia».

Ed è stato proprio il freddo a costringerlo alla resa. «Sono sereno… Ho sentito che quello non era il mio momento… Avevo troppo freddo per poter continuare e la salita di una montagna la si deve gustare e oltre alla fatica, non devi smettere di provare attrazione per essa… Quando invece le tue sensazioni ed emozioni sono altre e non sempre positive allora quello è il momento giusto per cambiare direzione agli scarponi. È difficile a volte prendere delle decisioni drastiche ma se lo si fa con la chiarezza e la sicurezza che sia la cosa giusta, è pace sia per il cuore che per la testa. Non ho vacillato, ero sereno, sono sereno. Le montagne restano, le persone no. A volte spingersi oltre il proprio limite può fare la differenza in positivo ma anche in negativo e ieri non era la giornata ideale per sperimentarlo».

«Credo che questa spedizione abbia aggiunto un tassello in più alla mia esperienza. Ci sono state amicizie nuove e quelle di lunga data fortificate ancora di più. Il mio viaggio in Nepal continua e non si ferma qui. Le cose da fare e sistemare qui sono ancora tante. Speriamo d’arrivare presto a Ktm, il punto appena prima del grande Everest». A volte rinunciare è difficile, difficilissimo, ma ti salva la vita. E di occasioni per scalare gli ultimi quattro 8000 che mancano alla sua collezione Marco ne avrà altre.