Senza il permafrost. Le montagne si sgretolano

Il ghiaccio sotterraneo, cemento per la roccia, “fugge“ sempre più in alto

Senza il permafrost. Le montagne si sgretolano

Senza il permafrost. Le montagne si sgretolano

Un amaro assaggio di quello che rischia di capitare sempre più spesso in montagna lo si è visto con la tragedia del 23 agosto del 2017, quando una parte del versante Nord del Pizzo Cengalo, 3.369 metri, spartiacque fra Italia e Svizzera, è collassata, riversando sulla Val Bondasca un inferno di pietre e terra che ha inghiottito otto scalatori stranieri (svizzeri, austriaci e tedeschi). Con il clima che si surriscalda le montagne non perdono solo la loro briglia di neve e ghiaccio che le ricopre, ma si stanno sciogliendo anche nelle loro viscere. Se non si invertirà la tendenza, lo scenario è quello di un Arco alpino sempre più fragile, una situazione che inevitabilmente dovrà far riflettere sulla frequentazione delle montagne, il futuro dell’alpinismo e dei rifugi in quota. È il permafrost, il ghiaccio sotterraneo, il “cemento“ che tiene insieme milioni di metri cubi di roccia, che con l’innalzamento delle temperature “fugge” sempre più in alto, lasciando montagne instabili.

"I crolli e le rotture si stanno verificando in una fascia di roccia che è quella che corrisponde al ritiro del permafrost, che con lo zero termico che si innalza sempre di più, finisce per “scappare“ verso l’alto. Questo succede in una fascia compresa fra i 3mila e i 3.500 metri. Eventi di questo tipo stanno aumentando in maniera preoccupante" ha spiegato a “Il Giorno” Francesco Calvetti, ingegnere, professore del Politecnico di Lecco, in prima linea, con alcuni suoi studenti, nello studio sulla stabilità del rifugio Margherita sul Monte Rosa (mitica montagna fra Piemonte e Val d’Aosta).